Le celebrazioni di Pasqua in Sicilia, spettacolari e coinvolgenti, regalano un’esperienza culturale unica e un’immersione nelle tradizioni popolari più affascinanti d’Italia. Risalgono a epoche antiche e hanno assimilato riti e contaminazioni folcloristiche: sono vere e proprie rievocazioni teatrali della morte e della resurrezione di Cristo, dove il copione prevede l’eterna lotta del bene che sconfigge il male, in una catarsi collettiva che mette in scena il dolore per superarlo. Ogni città ha un modo diverso di raccontare la passione di Cristo e lo fa attraverso le proprie usanze popolari e i propri riti: scoprirli, permette di fare un emozionante viaggio indietro nel tempo come in un film dove si racconta una Sicilia antica e fiera delle sue tradizioni.

La processione più conosciuta è quella dei Misteri di Trapani: i fedeli sfilano a piedi nudi lungo le strade e i vicoli della città vecchia, coperti da cappucci e tuniche, seguendo un cerimoniale risalente al 1765 e stabilito dalle Confraternite, le corporazioni di arti e mestieri di chiara origine spagnola. Ognuna esibisce splendidi gruppi statuari, le vare, cioè le basi su cui sono collocate le statue, in rappresentanza di un mestiere (mistere), che rievocano il sacrificio e la morte di Cristo e che vengono trasportate per farle benedire nell’estenuante processione del venerdì santo per le strade e le piazze della città fino alla cattedrale. Da secoli ogni anno, al venerdì santo, Trapani ripete con la stessa commozione lo stesso rituale di luci, fiori e note in una catarsi collettiva che si prolunga per un intero pomeriggio fino all’alba del giorno seguente. Per 20 ore l’intera città partecipa a 20 processioni in una, riunendo lo spirito di ceti, professioni ed esperienze umane diverse. Il venerdì santo comincia con la scinnuta, la discesa delle statue dai piani rialzati, effettuata dagli artigiani delle varie corporazioni; poi il primo gruppo statuario, quello della Separazione, esce lentamente dalla chiesa del Purgatorio, al cui esterno una folla devota attende di vedere il volto di Maria Addolorata e, nel corso della sfilata, il proprio Mistero di appartenenza o di elezione. Le donne, vestite di nero, col capo coperto e scalze, seguono e precedono con toccante partecipazione la vara dell’Addolorata, portata a spalla da giovani incappucciati di rosso. Durante tutta la processione la musica e le preghiere danno il ritmo all’annacata, movimento dondolante e quasi ossessivo con cui si trasporta la statua.

La spettacolare rappresentazione viene interrotta solo dalla sosta in piazza Vittorio per la funzione religiosa e per la prosaica bevuta dei protagonisti. La processione dei Misteri si snoda nelle vie centrali della città: via Garibaldi e corso Vittorio Emanuele, tra antiche residenze barocche, edifici storici, negozi, enoteche e relais a cinque stelle. Il cuore della città è stracolmo di chiese preziose: oltre a quella del Purgatorio che custodisce tutto l’anno le vare dei Misteri, meritano una visita la trecentesca chiesa di sant’Agostino, la cattedrale di san Lorenzo, la chiesa del Collegio dei Gesuiti, restaurata da poco, e il santuario dell’Annunziata con la trecentesca statua della Madonna di Nino Pisano e, nell’adiacente convento dei padri Carmelitani, il museo Pepoli, dove si rivive la storia della città e del suo corallo. Prima di lasciare la città si passeggia lungo le mura di Tramontana, la cinta difensiva costruita dagli Aragonesi e rinforzata da Carlo V nella prima metà del Cinquecento e si raggiunge la secentesca torre di Ligny, costruita all’estrema punta della baia della città: da qui si gode un panorama spettacolare sulle cupole luccicanti di chiese e basiliche e, in lontananza, sui profili di Marettimo, Favignana e Levanzo.

Se i riti pasquali di Trapani si concentrano nella giornata di venerdì, a Marsala si festeggia il giovedì santo: qui la processione sembra un kolossal storico con duecento attori e comparse vestiti con abiti storici che, divisi in otto gruppi, formano un corteo lungo oltre un chilometro. Da trecento anni il copione e la rigida coreografia sono sempre gli stessi. I preparativi sono in mano ai capigruppo della confraternita di sant’Anna che custodiscono e preparano i costumi e le maschere; poi, nel pomeriggio del giovedì, dalla parrocchia di sant’Anna si snoda il lungo corteo, preceduto dal suono triste e cupo di un tamburo e dai confratelli in saio blu che sollecitano le elemosine. Ciascuno degli otto gruppi sacri rievoca l’ascesa al calvario, la crocifissione e la morte di Cristo. Il passaggio della statua del Cristo bendato e sanguinante, preceduto da un gruppo di soldati romani armati di lancia, suscita la più alta commozione tra i fedeli. Un altro gruppo raffigura Cristo che reca la croce e, più indietro, ci sono Pilato e Veronica che asciuga il volto di Gesù. Le cadute di Cristo rappresentano un momento molto suggestivo e teatrale, così come il Cristo crocifisso con intorno i due ladroni e il gruppo della sacra sindone portata da giovanissimi fedeli. Chiudono la processione il corteo delle Marie doloranti e il simulacro dell’Addolorata.

E’ impossibile non lasciarsi affascinare anche dalla città: Baglio Anselmi, con la sua nave cartaginese e i mosaici delle ville imperiali romane, e i preziosismi barocchi del museo degli arazzi. Dura tre giorni – mercoledì, giovedì e venerdì – la Pasqua di Caltanissetta: le celebrazioni partono il mercoledì con un imponente e solenne corteo, la Real Maestranza, costituito dalle più antiche corporazioni artigiane. Le sue origini risalgono alla nascita, dopo il 1500, delle dieci corporazioni cristiane di arti e mestieri, di cui oggi, a turno ogni anno, viene eletto un capitano che in abito settecentesco porta in processione un crocefisso ricoperto da un velo nero. Come a Trapani, anche qui ci sono le varicelle, che riproducono in misura ridotta le vare dei Misteri, e sono sedici gruppi di cartapesta dipinta, di chiaro richiamo carnevalesco, realizzati fra il 1883 e il 1902, che raffigurano le scene della passione e della morte di Cristo. Le celebrazioni si concludono il venerdì santo con la processione del Cristo nero che parte dal santuario del Signore della città e vi ritorna dopo un lungo corteo, portato a spalla dai confratelli, che in segno di devozione procedono a piedi scalzi. Più popolare e spettacolare è il ballo dei diavoli che si svolge durante la settimana santa a Prizzi, antico paese appollaiato su un monte nella provincia di Palermo: raffigura la lotta del bene contro il male con demoni che danzano con la morte e che alla fine vengono battuti da angeli guerrieri.

E’ uno spettacolo unico che la domenica di Pasqua richiama un numero altissimo di devoti e di visitatori, coinvolti dallo spettacolo del ballo, dove fede e tradizioni popolari si uniscono e la cui drammaticità scaturisce dallo scontro tra cristianesimo e paganesimo. La cerimonia ufficiale è preceduta, all’alba di domenica, da uno sfilare per le strade di gruppi di diavoletti, mentre alle 15 in punto del giorno di Pasqua, secondo la tradizione, un gruppo di giovani sfila per le vie preparandosi alla scena spettacolare del ballo, divisa in cinque quadri quanti sono i quartieri: piazza Barone, via Matteotti, piano Rullo, piazza sant’Anna e piano Crocifisso.

A turno tre diavoli vestiti di rosso e con il volto coperto da un’orrenda maschera di latta e corna procedono per strada facendo rumore e richiamando l’attenzione; in mezzo a loro c’è la figura della morte in veste gialla, sotto una maschera che richiama l’antico mito della paura e della tragedia. Armata di balestra, la morte prende di mira i passanti e, dopo un primo falso inchino verso le statue della Madonna e del Cristo, cerca con i tre demoni a passi cadenzati di inserirsi tra i due simulacri, ognuno recato a spalla da otto portatori. I tamburi scandiscono il tempo fino a quando i rappresentanti del Male vengono imprigionati e sconfitti da due angeli con le spade sguainate

 Lo stesso spettacolo viene ripetuto negli altri rioni con simili caratteristiche e lo stesso copione. Molte similitudini ci sono nei riti pasquali di Adrano, in provincia di Catania, dove la domenica di Pasqua si effettua la diavolata, una rappresentazione sacra d’origine medievale con cinque diavoli vestiti di rosso che escono da una botola insieme a Lucifero, alla morte e a un angelo. Il gruppo rappresenta l’eterna lotta del bene che sconfigge il male, della vita che vince sulla morte. Nel cuore dell’isola, a Enna, insieme alle croci si fanno sfilare i 24 simboli del martirio di Cristo: tra questi, la croce, la borsa con i trenta denari, la corona, la lanterna, il gallo, i chiodi e gli arnesi per la flagellazione. Assomiglia più a una sfilata carnevalesca la Pasqua in provincia di Messina con corse, rumore di catene e squilli di trombe. Qui i devoti indossano elmetti sui quali sono dipinti croci, pesci, cuori intrecciati, corni rossi o brevi frasi, tutti motivi tratti dalla simbologia popolare. Infine c’è la spettacolare corsa della Madonna vasa vasa di Modica, in provincia di Ragusa: qui due processioni partono dalla chiesa di Santa Maria di Betlem, una con il Cristo redento e l’altra con la Madonna addolorata, e percorrono le vie cittadine con itinerari diversi che confluiscono in piazza Municipio dove avviene l’incontro e la vasata (il bacio e l’abbraccio) tra madre e figlio.

FONTEhttp://www.ansa.it/web/notizie/canali/inviaggio/news/2014/04/16/tradizioni-senza-tempo_d4e71a08-f42b-464d-9e5d-04d318c8c273.html