Il prof. Francesco Branchina, servendosi di un affascinante collegamento spazio-temporale con le epoche passate, sottolinea l’importanza, per il popolo adranita, di riscoprire quell’identità che sembra smarrita, partendo dal rispetto verso la propria città ed il suo territorio e rifuggendo da quei personalismi e da quelle risse tra fazioni che purtroppo caratterizzano il contesto, non solo politico, attuale.

Moneta dio adranos

foto: www.scos.it

Quanta modestia nei grandi uomini, quanta arroganza in quelli piccoli! Aristotele affermava che il vero obiettivo non consisteva nel conseguire gli onori, ma nella consapevolezza di averli meritati. Nell’era in cui si sgomita per un passaggio in passerella, per una apparizione in una TV locale, sarebbe bene dare uno sguardo al passato e constatare come i nomi, le vite di imperatori, pontefici, condottieri, che pur sono stati artefici di civiltà, siano oggi in totale oblio; come ci si potrà ricordare tra cento anni di un Consigliere o Assessore che pretende di legare il proprio nome ad un intervento di riparazione di una buca in una via quando non ricordiamo non dico il nome e le gesta del terzo re di Roma o del Pontefice che presiedette al Concilio di Trento, ma dello stesso Sindaco della nostra città che fu eletto, per esempio, nel 1960? Sia dunque, l’azione amministrativa, purificata dal tornaconto, dall’immediata utilità politica e soprattutto dall’egos imperante.

Dopo aver osservato quanta saggezza vi fosse nel pensiero di grandi uomini pagani capaci di anteporre la Patria all’effimero, è il caso di parafrasare anche un passo biblico, che dovrebbe essere ben noto a tutti i cristiani, in cui si sollecita ad “agire nel segreto”, poiché dio vede oltre il visibile. Invitiamo pertanto i nuovi eletti al nostro Consiglio Comunale a volere inaugurare una nuova era che, prendendo spunto da un ridestato mos maiorum, guardi al comportamento etico dei nostri antenati, i quali agli onori personali anteponevano l’onore proprio e della propria famiglia ed il bene comune. E poiché, parafrasando Esiodo e sviluppando la sua teoria delle quattro ere, riteniamo di poter aggiungere una quinta, infausta e purtroppo attualissima “era della spazzatura”, auspichiamo che, chiudendosi il cerchio, si possa ritornare piuttosto all’età dell’oro.

Noi da parte nostra ci siamo dati un ruolo: dedicheremo le residue forze della nostra vita a coltivare, attraverso la ricostruzione della nostra storia “vera” o possibile, depurata dalle banali fiabe che l’hanno offuscata, quell’albero genealogico che ci riconduce alle profonde radici sicane, i cui rami, pochi ma robusti, persistono e stanno per germogliare. Noi, non abituati a chiedere, chiediamo a questa “giovane” amministrazione di aiutarci nel perseguimento di questo obiettivo, iniziando con la rimozione del più manifesto simbolo di degrado materiale e spirituale, l’immondizia che devasta le periferie cittadine, onde permetterci di inserire, senza dovercene vergognare, in un sito Web di chiaro prestigio, dedicato al mito e all’archeologia dell’area mediterranea ed indoeuropea, una pagina dedicata al nostro paese e al mito, di cui siamo forse indegni eredi, del dio Adrano, ancora poco conosciuto nonostante si tratti della maggiore divinità sicana, ospitata dalla nostra città in un lontano passato.

Auspichiamo che un’operazione “Adrano pulita” venga condotta nella volontà di ripristinare un modus vivendi che a noi Adraniti fu sempre congeniale nei secoli scorsi. Si utilizzi il motto che tanto ha funzionato come deterrenza per ogni singolo crimine, tra cui annoveriamo la devastazione del paesaggio: “Tolleranza zero” per chiunque sporchi la città. Si comprenda che nessuno sviluppo e nessun investimento, né di cittadini locali né di imprenditori stranieri, potrà essere fatto in una città che veicola come messaggio quello della sporcizia. Ci siamo vergognati perfino di ospitare parenti ed amici, come si potrebbero attrarre i turisti? Non ci si dimentichi infine che i primi turisti siamo noi stessi, abitanti di queste secolari piazze che vorremmo tornare a vivere nelle splendide sere estive.

Francesco Branchina