Il cinque per cento del prodotto interno lordo siciliano viene consumato in giochi e scommesse. In testa ci sono i video-poker e le slot machine, ma anche il lotto e il gratta e vinci se la cavano piuttosto bene. L’uno per cento dei ricavi di questo enorme business finisce nelle tasche delle cosche, che lo utilizzano soprattutto per riciclare il denaro proveniente da attività illegali. L’età media dei giocatori si abbassa di anno in anno, ed è perciò lecito sospettare che ormai i giovani costituiscano l’esercito più cospicuo di giocatori e scommettitori. La ricerca è stata realizzata da Data Analysis del Centro Pio La Torre.

Addio tressette, briscola, o vecchia schedina, il massimo della trasgressione. Il sogno del “tredici” non è che sia stato abbandonato, ma le preferenze verso la schedina sono calate vistosamente. Fa perfino tenerezza scommettere al totocalcio, sa di “retrò”, si punta al bersaglio grosso. Tutto e subito, come nei video-poker. E quando si entra nel giro, nel vortice del gioco, non si capisce più niente, non si riesce a fare più i conti in tasca e quando ci si rende conto di com’è andata, è ormai troppo tardi, si è dilapidata una fortuna.

Perché si gioca tanto in Sicilia? E’ un fenomeno che va di pari paso con la crisi economica. Se la realtà non offre speranza, ci si aggrappa al gioco, alla scommessa. Affidare la propria vita ad una slot machine è da stolti, a mente serena lo sanno tutti, anche i giocatori più incalliti, ma la “dipendenza” cancella il buonsenso, non c’è niente da fare. Una malattia mentale? Proprio così, dalla quale si può guarire, però, se lo si vuole fortemente.

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