(continua dalla 1ma puntata)

Trascorsero mesi angosciosi per Maria, nessuna notizia del figlio lontano. Era rimasta l’unica donna del quartiere a non avere mai avuto alcuna lettera. Lo immaginava in Francia, a volte in Africa, o disperso tra tormente di neve in Russia, lasciandosi suggestionare dagli echi di una guerra sempre troppo lontana.

L’attesa spasmodica durò anni, Maria sentiva il cuore palpitare all’impazzata ogni volta che sentiva nel borgo la voce del postino, ma non udiva mai chiamare il suo nome e non osava più uscire per andargli incontro, per non farsi compatire dal vicinato.

Donna Rosaria, sua dirimpettaia, le diceva sempre di non illudersi più e di accettare il fatto che Gaetano non sarebbe mai più tornato, così lei avrebbe trovato un po’ di rassegnazione. Maria odiava sentirla dire così, e l’avrebbe schiaffeggiata volentieri lei e le altre malelingue del quartiere!

Come se non bastasse continuava sempre a chiederle se aveva combinato un fidanzamento con qualcuno al fronte, come era d’uso, per Concettina, e questa sua smania di spingere i figli altrui forzatamente a competere con i traguardi dei propri figli era veramente sfinente.

Donna Rosariaa era sempre stata invidiosa di Maria, perché i suoi figli erano costretti a lavorare conto terzi e le tre ragazze che si teneva in casa rischiavano, senza dote, di non sposarsi mai. Quando riuscivano a mangiare qualcosa di buono lo facevano sempre in modo da sventagliarlo ai quattro venti, senza alcun riguardo per chi non ne aveva: per esempio lasciando aperta la porta per far sentire il profumo di lepre arrostita, oppure lasciando che i fratellini più piccoli uscissero in cortile con qualche pezzetto di arrosto, facendo venire l’acquolina a chi nel quartiere la carne non la mangiava da anni e campava d’erbe cotte.

Maria non aveva mai permesso ai suo figli di comportarsi così, e se mangiavano qualcosa di meglio degli altri, durante i lavori nei campi, lo facevano di nascosto, per non suscitare l’invidia e Pietro e Pippo avevano imparato a mangiare pane e formaggio nascondendo quest’ultimo nell’incavo della mano, in maniera quasi invisibile, mentre apparentemente stringevano tra l’indice ed il pollice una fetta di pane.

Quasi che la guerra dovesse finire da un’istante all’altro, tutti esultavano rincuorati dalla notizia che l’America avesse deciso di affiancare gli inglesi per liberare il mondo dal giogo nazista. Notizie discordanti e confuse informavano che gli americani erano già sbarcati in Sicilia e che setacciavano a tappeto ogni paese per cacciarne via i nazifascismi..

Nell’estate del ’43 spietato ed ardente il sole batteva sulle sciare. Non un soffio, non un minimo tentativo di brezza sui colli circostanti, mentre tra le messi mature trebbiavano i contadini.

La pace solinga della campagna era rotta dal fruscio puntuale dei falciatori tra le spighe dorate e da qualche monosillabo che a stento usciva dalle gole riarse di chi da ore piegato letteralmente in due, mangiava polvere e sudore.

All’improvviso s’udì un rombare lontano e di un aereo apparve all’orizzonte sulle cime rotonde delle colline più a sud. Tutti corsero al rifugio, temendo l’ennesimo bombardamento, ma presto si accorsero d’essersi allarmati per nulla, ed uscendo dal fresco riparo scavato tra la lava, raccolsero i volantini dispersi sulla strada maestra.

Pippo e Pietro si strinsero accanto al padre che leggeva ad alta voce per informare anche i braccianti analfabeti, di altre contrade, che gli si erano stretti a crocchia attorno, con gli occhi colmi di curiosità, tutti respirando piano sotto al sole, mentre si asciugavano i volti sudati ed impolverati e con un gesto automatico scuotevano i lisi pantaloni da lavoro, dalla paglia..

Sul volantino c’era un avviso del podestà che ordinava di abbandonare entro le ventiquattrore il paese, perché avrebbe avuto luogo un bombardamento.

Sulla fronte di Giuseppe si disegnò una ruga profonda di inesprimibile preoccupazione. Si sollevò la coppola come solo faceva quando era molto preoccupato, quindi esortò i suoi figli a riprendere celermente il lavoro, perché sarebbero rincasati prima del previsto, mentre i braccianti invece preferirono finire la giornata per poter contare su di un pezzo di pane di paga in più per le loro famiglie.

I ragazzi non osavano commentare tra loro perché Giuseppe aveva l’aria truce, quindi s’avviarono tutti ammutoliti sulla via del ritorno, finché non incontrarono quel chiacchierone di Don Antonio che stava arrivando in gran carriera per pagare il dovuto ai braccianti, e che sembrava non vedesse l’ora di raccontare di quanto panico ci fosse in paese, e di quanti già fossero già sfollati con armi e bagagli, lasciando i più benestanti a rodersi nel dubbio di dover veramente abbandonare completamente le loro case ai ladri, che non avrebbero avuto occasione più ghiotta per fare piazza pulita.

Quando giunsero nel cortile di casa sulla soglia vie era zio Filippo e Zio Ciccio che aspettavano Giuseppe per consultarsi sul da farsi, mentre il suocero Don Pietro era già partito con la famiglia verso la montagna, dove la moglie aveva una casetta sperduta tra i boschi di castagni.

Concettina, agitata più che mai, saltellando più del consueto, corse ad aprire nel frattempo la porta della carretteria aiutando poi i fratelli a dissetare e rifocillare di corsa il mulo.

Maria cercava di sopprimere leggeri tremiti di inquietudine e, mentre preparava i bagagli, ripeteva in dialetto litanie ai santi più cari che aveva in paradiso.

Pranzarono in modo frugale, senza neppure apparecchiare la tavola masticando qualche carciofo crudo che neppure potevano permettersi il lusso di condire, perché l’olio ogni anno andava con sacrificio venduto tutto. Tutti scrutavano ansiosamente il capofamiglia, come se da lui potesse uscire una frase di speranza e conforto, ma lui se ne restava con gli occhi bassi e lo sguardo cupo, senza aver voglia di esternare tutta la rabbia ed i pensieri che gli scoppiavano nella testa.

Zio Ciccio e zio Filippo erano già partiti, mentre a Giuseppe restava disponibile la casetta al Milione.

Poi fu tutto un susseguirsi di ordini: la farina e l’olio vennero nascosti in un camerino cieco dove abitualmente dormiva Concettina. Lei stessa dall’interno ne barricò l’entrata in modo che nessuno potesse sfondare la porta, quindi esile e snodata come un gatto sbucò fuori dal piccolo finestrino ogivale che sovrastava l’architrave. Giuseppe coprì la porta ed il finestrino parandogli davanti il grosso armadio della camera nuziale. Altre derrate alimentari furono celate in una botola che s’intravedeva appena tra le mattonelle del pavimento, che fu poi cosparso di segatura per celarne la vista.

Arrotolato qualche materasso e presa qualche altra vettovaglia si avviarono sul far della sera, scivolando tra le lunghe ombre del crepuscolo, mentre il cielo si tingeva di rosa, sagomando le rocce aguzze che si profilavano all’orizzonte come imponenti matrone in abiti a lutto.

Le agavi e i mandorli avvolti in una magica luce violetta trascoloravano in una atmosfera d’incanto, poi all’improvviso il sole rotolò via in un istante, in un orizzonte di fuoco, mentre le nubi sull’’Etna si tinsero teneramente di rosa e di azzurro.

S’alzò finalmente un refolo di vento, così dolce da sciogliere il sangue nelle vene, e poi anche le ultime rondini ed il loro garrire svanirono con gli ultimi riflessi di luce.

La piccola carovana di sfollati lasciò poi la strada maestra per incamminarsi su di un sentiero contorto, tra la lava tiepida ancora di sole.

I muli erano carichi di masserizie e precedevano molto lentamente, e poi mentre nella campagna circostante svanivano nel buio altre piccole carovane di disperati, finalmente raggiunsero il piccolo rifugio di pietra lavica, una casetta nera con una piccola finestra incorniciata da una passata di calce bianca.

Milioni di stelle enormi si affacciavano sopra di loro, mentre la luna con la bellezza sontuosa di un antico monile barocco s’adagiò piano tra gli ulivi.

Maria e Concettina prepararono un giaciglio per la notte alla luce di un lume a petrolio che puzzava tantissimo, mentre un concerto di grilli fuori benediceva l’aria di inconsueta tranquillità.

Qualche lucciola solitaria entrò dalla porta vagando nella stanza e Pippo se ne impadronì con aria festosa, spintonandosi con Pietro finchè il padre, furioso, con uno schiaffo non li mise a tacere tutti e due.

Concettina si premurava di smorzare la tensione che aveva chiuso lo stomaco a sua madre, aiutandola a pettinarsi come di consueto ed a sistemarsi lo scialle per difenderla dall’aria umida della notte. Quando tutti già dormivano Giuseppe uscì per piangere lacrime amare senza essere visto.

All’alba Concettina e Maria erano già in piedi, indolenzite ed affamate, e stavano avvicendandosi per rendere abitabile quel rifugio di due sole stanze, mentre i due ragazzi furono spediti in cerca di verdura per potersi sfamare. Tutti poi pranzarono, facendosi bastare le cardelle che avevano raccolto, e che mangiarono crude, salandole appena..

Più tardi dopo aver rifocillato le bestie con acqua piovana della cisterna ed un sacchetto di biada sotto al muso,Giuseppe pensò di scender giù al pozzo vicino alla strada maestra per riempire i bummoli d’acqua fresca.

Nicola, il bambino più piccolo,che nonostante l’estrema magrezza conservava una incredibile vivacità, insistette per accompagnarlo, e Giuseppe se lo caricò sulle spalle come se fosse stato un fuscello.

Appena raggiunsero un’altura di lava che si protendeva a strapiombo verso la Piana di Catania, Giuseppe si fermò per scrutare là dove s’ammucchiavano bianche e grigie le case del paese.

Il cielo era limpido ed azzurro, non c’erano altro che voli di rondini ignare ed una pace incantevole, ma contemporaneamente preludio così angosciante da togliere il fiato.

Fu molto più tardi, quando il sole era già alto nel cielo, che come un giocattolo apparve un piccolo aereo tra le colline nitide all’orizzonte. Per un istante sembrò esitare vacillando nell’aria, senza alcun rumore percettibile, poi il vento portò un vago rombare, che in altri momenti avrebbe fatto pensare alla voce cupa e sorda dell’Etna. Un boato improvviso echeggiò per tutta la campagna, poi ne seguirono rapidi e convulsi parecchi altri.

Fine 2nda puntata – Continuate a seguirci!

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