In occasione del 25° anniversario dell’assassinio del Commissario Beppe Montana, saranno presenti al Cortile Platamone, Palazzo della Cultura di Catania:

Don Luigi Ciotti (Presidente Nazionale di Libera)

Marella Ferrera (Assessore alla Cultura, Comune di Catania)

Lucio Guarino (Direttore del Consorzio Etneo per la Legalità e lo Sviluppo)

Antonio Ingroia (Sostituto Procuratore del Tribunale di Palermo)

Domenico Pinzello (Questore di Catania)

Enzo Russo (giornalista e scrittore)

modera Marisa Acagnino

PER SAPERNE DI PIU’… Il commissario Beppe Montana veniva assassinato la sera del 28 luglio del 1985, intorno alle ore 21,00 sul molo antistante il cantiere nautico di Porticello (PA), dove aveva poco prima attraccato con la propria piccola imbarcazione da diporto. Due killers – uno dei quali mancino – lo avevano colpito a morte a colpi di pistola e si erano rapidamente allontanati. Nel dileguarsi, uno dei due aveva anche sparato e abbattuto un cane che si trovava nel cantiere e che si era avventato sui sicari in fuga.
Montana, appena giunto a Palermo, era stato prima destinato alla sezione investigativa, dove aveva conosciuto e lavorato con il commissario Ninni Cassarà, e dal giugno 1984 era andato a dirigere la sezione “catturandi”, fino ad allora più che altro una sigla come tante, a corto di idee e – soprattutto – di risultati; anche ricoprendo tale incarico, aveva comunque mantenuto stretti rapporti personali e di collaborazione con Cassarà.
Con Montana l’attività della “catturandi” si era improvvisamente ravvivata, puntando senza troppi riguardi all’individuazione dei rifugi degli uomini d’onore da lungo tempo latitanti sul territorio di Palermo. Il funzionario aveva deciso, ad esempio, di innovare i sistemi di ricerca, sul presupposto che le indagini dovessero essere svolte con metodi che richiedevano una particolare specializzazione di singole squadre e – soprattutto – che dovessero essere svolte con impegno totale e concentrato nel tempo, piuttosto che occasionale e discontinuo. Egli aveva compreso che nessuno dei ricercati era lontano dal proprio quartiere, dai propri familiari, dalla propria cerchia di fidati uomini d’onore; così – anche oltre gli orari di lavoro e durante i giorni festivi – trascorreva intere giornate a setacciare le zone costiere nella zona di Porticello, Mongerbino, Santa Flavia, e l’entroterra di Bagheria e Termini Imerese, dove trovavano rifugio molti uomini d’onore ricercati dalla giustizia.
Quest’atteggiamento, questo modo di operare “fuori” da ogni canone della consuetudine burocratica degli uffici di Polizia, erano stati ritenuti pericolosi dall’organizzazione, non solo per la serietà – in quel periodo non comune – con cui Montana conduceva la propria attività di ricerca, ma anche perchè egli spingeva tale sua attivismo proprio in una della zona che i latitanti fino a quel momento ritenevano un territorio di loro esclusivo dominio, sottratto alla sovranità dello Stato.
Dalla sera della morte del suo collega e amico, Ninni Cassarà avrebbe avviato frenetiche indagini, senza nemmeno recarsi a casa, fino al pomeriggio tragico del 6 agosto 1985, data in cui anch’egli sarebbe stato barbaramente trucidato dagli squadroni della morte di Cosa Nostra.

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