Adrano, mafia, contrasti ed estorsioni. ”Così i Laudani hanno imposto la pax”

La Polizia ha eseguito un’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Catania su richiesta della Dda etna arrestando otto persone.

In manette sono finiti:

Giuseppe Scarvaglieri

Giuseppe Scarvaglieri

 

Giuseppe Scarvaglieri, 47 anni, inteso “Pippu ‘u zoppu”, pregiudicato, (già detenuto per altra causa)

 

 

 

Pietro Maccarrone

Pietro Maccarrone

 

Pietro Maccarrone, 46 anni, inteso “Fantozzi”, pregiudicato e sorvegliato speciale

 

 

Francesco Coco

Francesco Coco

 

Francesco Coco, 38 anni, inteso “Ciccio mafia ”, pregiudicato (già detenuto per altra causa)

 

 

Alfio Di Primo

Alfio Di Primo

 

Alfio Di Primo, 48 anni, inteso “Pisciavino”, pregiudicato (già detenuto per altra causa)

 

 

Pietro Severino

Pietro Severino

 

Pietro Severino, 58 anni, inteso “ ‘u Trummutu”, pregiudicato (già detenuto per altra causa)

 

 

Gaetano Di Marco

Gaetano Di Marco

 

Gaetano Di Marco, 53 anni, inteso “Caliddu”, pregiudicato

 

 

Massimo Di Guardia

Massimo Di Guardia

 

Massimo Di Guardia, 29 anni, pregiudicato (già detenuto per altra causa)

 

 

 

Davide Di Marco

Davide Di Marco

 

Davide Di Marco, 28 anni, pregiudicato (già detenuto per altra causa).

 

 

Tutti sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, con l’aggravante di essere l’associazione armata, mentre il solo Gaetano Di Marco è accusato anche di tentata estorsione. L’inchiesta coordinata dalla Dda di Catania è stata condotta dalla Squadra Mobile etnea e dal Commissariato di P.S. di Adrano.

Le indagini, avviate nel mese di maggio 2011 e conclusesi nell’Aprile 2012, hanno permesso di monitorare le dinamiche interne alla cosca di Adrano che aveva subito un duro colpo a seguito del blitz “Terra Bruciata”, dell’aprile del 2009. Gli investigatori avevano appurato come il boss Giuseppe Scarvaglieri, sebbene detenuto, continuasse a mantenerne la leadership dettando le disposizioni per mantenere il controllo delle attività illecite nel territorio. Proprio il boss detenuto – visto che le indagini avevano coinvolto direttamente anche la madre e il fratello Antonio nonché altri congiunti– aveva anche scelto di cambiare strategia preferendo mantenere defilati dalla gestione del clan i familiari.

Ed è per questo che avrebbe designato quale responsabile operativo Giuseppe Santangelo – morto lo scorso mese di agosto – il quale, in attesa della scarcerazione, era appoggiato da altri affiliati come Gaetano Di Marco che da “figlioccio” di Scarvaglieri, era diventato il referente del gruppo. Ma l’assenza di un leader aveva provocato fibrillazioni nel clan, tanto che proprio la famiglia Laudani di Catania era stata chiamata in causa evadeva affiancato a Di Marco un suo uomo. Tre le persone arrestate ci sono Pietro Maccarrone, attuale reggente della cosca, ed altri elementi di “rango”. Nel corso delle indagini è stato individuato un tentativo di estorsione a un imprenditore impegnato nei lavori di risistemazione della S.P. 231, il quale aveva subito il danneggiamento di un mezzo meccanico di proprietà dell’azienda. L’operazione è stata denominata “Time–Out”.

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lasicilia.it


Abbattuto il muro di omertà sul clan Scalisi. Fibrillazioni per designare il “capomafia” di Adrano

Un muro di omertà denso e fitto quello che si respira ad Adrano. Uno spaccato sociale allarmante e preoccupante che emerge dall’inchiesta “Time Out” scattata, oggi, con l’esecuzione di otto misure eseguite dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di Adrano (sei notificate in carcere) che hanno mozzato i vertici della cupola degli Scalisi, gli alleati della famiglia mafiosa dei Laudani. Le intercettazioni non lasciano adito a dubbi. “Dalle conversazioni – afferma il pm Assunta Musella – emerge chiaramente che il fenomeno delle estorsioni è molto diffuso, ma si avverte anche la particolare rassegnazione da parte delle vittime che si sottomettono”.

“Quanto dobbiamo pagare? 500 euro. Va bene, se non dobbiamo fumare non fumiamo“. Questo è un sunto di una delle intercettazioni – raccontata dai magistrati alla stampa – che cistallizza lo stato d’animo delle vittime pronte a rinunciare magari al pacchetto di sigarette al giorno pur di “pagare” la protezione al “picciotto mafioso”. Un dato allarmante: solamente due persone hanno collaborato con le istituzioni, infatti. Un cittadino rumeno per un tentativo di estorsione e l’imprenditore che nel 2011 si stava occupando della manutenzione della strada 231. Per questo caso ci furono degli arresti in flagranza: in manette finirono Davide Di Marco e Massimo Di Guardia, già condannati in primo grado per questo reato. Ci furono dei danneggiamenti dei mezzi e dell’auto privata dell’imprenditore che fecero alzare le antenne della polizia di Adrano. Le cimici “immortalano” la trattativa: la promessa che al cantiere non sarebbe successo più niente. I “messaggeri” vanno via con la promessa di portare il “rappresentante”. Loro sono uomini inviati dai “pezzi grossi”.

E se dalle attività tecniche emergono molti altri casi di richiesta di pizzo, la mancata collaborazione delle vittime non ha permesso alla magistratura di procedere perchè non sono state identificate le persone offese. Una stratificazione radicata di silenzio omertoso che ha rappresentato un terreno fertile per gli Scalisi, clan specializzato nelle estorsioni. Perchè ad Adrano la malavita si è divisa gli affari: da una parte il pizzo e dall’altra la droga, che per una pax mafiosa è gestito dai Santangelo, referenti della cosca Santapaola – Ercolano.

Il capo indiscusso Giuseppe Scarvaglieri, “Pippu ‘u zoppu”, reggeva le fila del clan nonostante sia in carcere da diverso tempo per una condanna all’ergastolo. Da dietro le sbarre avrebbe imposto le direttive e avrebbe “designato anche il suo rappresentante a piede libero”: il suo figlioccio Giuseppe Santangelo (morto per cause naturali la scorsa estate). In attesa della scarcerazione del nuovo referente del gruppo, che sarebbe avvenuta da lì a poco, le redini erano state affidate a Gaetano Di Marco (reggente pro tempore). Uno “straniero” della cosca, non un familiare. Un cambio di strategia che non sarebbe “piaciuta” ai vertici di lungo corso che si sentono spodestati. E allora si scatenano le fibrillazioni: “Ed è necessario l’intervento della famiglia Laudani per placare la tensione” – spiega il dirigente della Mobile, Antonio Salvago. La famiglia catanese indica un nome come capo di Adrano: Francesco Coco, “ciccio mafia”, è un persona conosciuta alle forze dell’ordine, protagonista dei fermi operati con la retata “Terra Bruciata” del 2009. Inchiesta che rappresenta l’embrione a quella di oggi.

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Laura Distefano via livesicilia.it


Decapitati i vertici della cosca Scalisi: il braccio operativo della famiglia mafiosa dei Laudani ad Adrano. Sono otto le misure cautelari eseguite dalla Squadra Mobile di Catania: gli indagati sono persone accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, con l’aggravante di essere l’associazione armata.

L’operazione, coordinata dalla Dda di Catania, ha permesso di disarticolare i piani alti del clan Scalisi che da decenni gestisce gli affari illeciti della zona di Adrano. Un gruppo pericoloso che negli anni si è reso protagonista di forti tensioni con le organizzazioni rivali referenti ai Santapaola sfociate in diverse occasioni nel sangue.  I particolari delle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di Polizia di Adrano saranno illustrate nel corso di un incontro con la stampa.

Nel corso della conferenza stampa, il procuratore Patanè ha evidenziato come “ad Adrano, purtroppo, le vittime di pizzo non denunciano”.

GLI ARRESTATI:

Giuseppe Scarvaglieri (classe 1968), già in carcere per altri reati;
Pietro Maccarrone (classe 1969);
Francesco Coco (classe 1977), già in carcere per altri reati;
Alfio Di Primo (classe 1967), già in carcere per altri reati;
Pietro Severino (classe 1957), già in carcere per altri reati;
Gaetano Di Marco (classe 1962);
Massimo Di Guardia (clase 1986), già in carcere per altra causa;
Davide Di Marco (classe 1987), già detenuto per altra causa.

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Laura Distefano via livesicilia.it


Otto arresti per mafia ad Adrano: smantellati i vertici della cosca Scalisi

Blitz ad Adrano, dove la polizia di Stato ha eseguito misure cautelari emesse a conclusione di un’indagine sul clan Scalisi. I vertici della cosca mafiosa sono stati smantellati: otto gli arresti per mafia.

L’accusa, a vario titolo, è di associazione per delinquere di stampo mafioso con l’aggravante delle armi ed estorsione: questi i reati contestati. I vertici della cosca Scalisi sono alleati storici della famiglia Laudani di Catania. In aggiornamento

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Mafia, arrestati ad Adrano 8 esponenti del clan Scalisi

Altro duro colpo inferto ad una cosca del catanese, con l’arresto di altri esponenti di un noto clan mafioso.

Un blitz eseguito da parte della Polizia di Stato, ha smantellato nella mattinata di martedi, i vertici di una cosca mafiosa operante sul territorio di Adrano, in provincia di Catania.

Eseguiti una serie di arresti a personaggi di spicco del clan Scalisi, una cosca affiliata alla storica famiglia dei Laudani di Catania. Le accuse mosse dagli organi inquirenti sono quelle di associazione mafiosa, detenzione di armi ed estorsione.

Gli arresti sono stati eseguiti dalla Polizia su delega della procura distrettuale antimafia di Catania, mentre le indagini sarebbero state svolte dal commissariato di Polizia di Adrano e dalla squadra mobile di Catania. Gli arrestati sarebbero otto, nel corso delle prossime ore verranno dati aggiornamenti sull’operazione antimafia in corso.

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Marco Tringali via notizie.it


MAFIA | ADRANO (CATANIA), 8 ARRESTI NEL CLAN SCALISI

SONO ACCUSATI DI ESTORSIONE E BANDA ARMATA
La polizia di Stato ha eseguito nel Catanese, su delega della procura distrettuale Antimafia etnea, misure cautelari nei confronti di otto presunti affiliati al clan Scalisi, alleato della famiglia Laudani di Catania ed operante nel comprensorio di Adrano.

Le accuse sono associazione mafiosa ed estorsione con l’aggravante di essere un’associazione armata. Con l’operazione la polizia ha decapitato i vertici della cosca mafiosa. Le indagini sono state condotte dalla squadra mobile di Catania e dal commissariato di Adrano.

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