Cari amici, Vi segnaliamo l’articolo apparso oggi sul quotidiano La Sicilia in merito alla privatizzazione dell’Acqua. Alcuni Comuni corrono ai ripari per impedire che il decreto legge che privatizza l’acqua possa essere attuato. E’ stato posto il vincolo “l’acqua è un bene comune privo di rilevanza economica” negli statuti comunali. E’ un segnale ma potrebbe essere decisivo. Tra i Comuni dell’hinterland solo a Biancavilla, tra l’altro dopo petizioni popolari, l’argomento è più volte passato in Consiglio.

Ad Adrano, evidentemente, si è troppo impegnati a parlare di Carnevale, di salvaguardia delle poltrone… La solita “politicaccia”!

di Pinella Leocata

Monta la protesta contro il decreto legge che privatizza l’acqua obbligando tutti i Comuni, anche quelli in cui il servizio funziona bene, ad affidarne la gestione, entro il dicembre 2011, a società nelle quali il capitale pubblico non superi il 30%. Una scelta che parte da lontano e che l’attuale governo ha sancito per legge motivandola con la volontà di attrarre capitali privati per il rifacimento degli impianti e della rete. Obiettivo che, secondo i sindaci dove la privatizzazione è già stata sperimentata, non è stato raggiunto, mentre, di contro, il costo per gli utenti è salito enormemente. Di qui la mobilitazione dei cittadini e dei comuni, a prescindere dalle coloriture politiche.
«L’acqua è del sindaco e di tutti i cittadini», è lo slogan del «Forum catanese per l’acqua pubblica» che ieri mattina, nella sala consiliare della Provincia, ha presentato tutta una serie di iniziative a tutela dell’«acqua pubblica» come bene comune e diritto universale di ogni uomo, l’acqua la cui erogazione è un servizio obbligatorio dei comuni e, proprio per questo, «non può essere sottratto alla gestione dell’ente pubblico». A sostegno della «ripubblicizzazione dell’acqua» è in calendario tutta una serie di iniziative in campo nazionale e locale, a partire dalla manifestazione indetta a Roma per il 20 marzo e dall’annuncio della raccolta di firme per un referendum abrogativo. Inoltre si è costituito il «Coordinamento nazionale enti locali per l’acqua bene comune e la gestione pubblica del servizio idrico» al quale aderisce un numero crescente di comuni. Molti di questi, poi, anche in Sicilia e in Provincia di Catania, non soltanto si sono rifiutati di cedere agli Ato pozzi e impianti, ma hanno aderito al Forum regionale per la ripubblicizzazione dell’acqua e modificato i propri statuti comunali inserendovi il vincolo secondo il quale «l’acqua è un bene comune privo di rilevanza economica». Una dichiarazione di principio, ma non solo. Secondo il Forum, infatti, questo vincolo consentirebbe di sottrarsi all’applicazione del decreto governativo dal momento che non si tratta di gestione di un bene di «rilevanza economica». Hanno già modificato i propri statuti i comuni di Biancavilla, Mascali, Riposto, Santa Venerina, Zafferanea Etena, Linguaglossa, Maletto, Mineo, Sant’Alfio, Mazzarrone, Licodia Eubea e Nicolosi. E non è un caso.
I piccoli comuni, come ha sottolineato il sindaco di Maletto Giuseppe De Luca, non possono sopportare, senza andare in dissesto, gli alti costi della privatizzazione, già sperimentati con gli Ato rifiuti che hanno quadruplicati i costi e peggiorato il servizio. «L’acqua è nostra e questa è una battaglia di tutti i cittadini». E il sindaco di Mineo, Giuseppe Castania, ha raccontato l’esperienza del suo comune che per anni ha investito nel rifacimento della rete e nella realizzazione del sistema fognario e di depurazione offrendo ai cittadini un servizio idrico integrato di serie A con tariffe diversificate secondo il reddito. Per questo fa parte dei «comuni ribelli», quelli che si sono rifiutati di cedere gli impianti all’Ato. Per questo il Consiglio ha modificato lo Statuto e quasi ogni famiglia ha firmato per l’acqua pubblica.
In questa direzione va l’ordine del giorno «contro la privatizzazione e la mercificazione dell’acqua» che, presentato dai consiglieri Valerio Marletta e Antonio Tomarchio (gruppo Comunista-Idv), sarà sottoposto al voto dell’assemblea in una prossima seduta consiliare. Premesso che l’acqua è «fonte di vita insostituibile» e «bene comune indisponibile», che è una risorsa scarsa e lo diventerà sempre di più a causa del processo di desertificazione, dell’abbassamento delle falde e dell’inquinamento, e che i sindaci e i comuni sono responsabili della salute e dell’igiene dei cittadini, viene chiesto al Consiglio provinciale di aderire al «Coordinamento nazionale degli enti locali per l’acqua bene comune e la gestione pubblica del servizio idrico» e di aderire alla proposta di legge di iniziativa popolare, elaborata dalla sezione regionale siciliana, che ribadisce che la gestione dell’acqua deve essere pubblica e trasparente. Iniziativa popolare che, secondo lo statuto della Regione Siciliana, spetta a non meno di quaranta consigli comunali, che contino complessivamente almeno il 10% della popolazione siciliana, o ad almeno tre consiglio provinciali. Quello di Messina si è già espresso a favore. Ora tocca al Consiglio provinciale di Catania.
Obiettivo del «Forum catanese per l’acqua pubblica» – hanno ribadito Anna Bonfante e Domenico Stimolo che hanno introdotto e presieduto l’incontro di ieri – non è solo contrastare la privatizzazione dell’acqua, ma anche intervenire sulle distorsioni nella gestione dei servizi essenziali, come la mancanza delle fogne o dei sistemi di depurazione. «L’acqua – ripetono con passione civica – non può essere oggetto di speculazione privata. E il Forum è uno strumento a favore di tutti i cittadini».
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