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concerto branchinaDopo l’assenza dell’anno scorso dal cartellone delle manifestazioni pasquali adranite, la corale è tornata ad esibirsi con uno dei pezzi di punta del suo repertorio, l’Op.190 del M° Pietro Branchina “Le sette parole di Gesù Cristo in croce”; un opera intensa dal punto di vista emotivo e musicale. Il M° Pietro Branchina è infatti riuscito a riprodurre attraverso dissonanze, pause, crescendi, sussurrati e fortissimi gli ultimi drammatici momenti di Cristo sulla croce. Amore, disperazione, pietà, sdegno, dolcezza; sono questi i sentimenti che si sono susseguiti uno dopo l’altro e che ieri i ragazzi della corale, visibilmente emozionati, sono riusciti a rendere quasi palpabili. Emozione che è arrivata al cuore di ogni spettatore presente nella chiesa gremita, che ha ascoltato in religioso silenzio e con profondo rispetto l’intero svolgersi del concerto.
Parole d’elogio quelle del sac. Salvatore Stimoli, che interpretando il sentimento comune, ha esaltato l’esecuzione della corale sia dal punto di vista tecnico che interpretativo.
La corale Branchina è stata ancora una volta all’altezza della situazione, nonostante il ridotto numero dell’organico e grazie alle grandissime capacità espressive e musicali del loro direttore il M° Piera Bivona, che nel corso della serata ci ha deliziato con la sua voce eseguendo “Vidit suum dulcem natum” (dallo stabat mater) di G. Pergolesi, “Pietà Signore” di A. Stradella e “Agnus Dei” di G. Bizet.
Spazio anche all’organista, il M° Anna Spoto che ha mirabilmente accompagnato la corale e che ha eseguito due brani tratti dal repertori classico di musica sacra “Adagio” di Albinoni-Giazotto e “Largo” di G Tartini.
Altro momento particolarmente intenso è stata l’esecuzione del tradizionale brano “Di mille colpe reo” di B.Ciancio (altro compositore adranita) che la corale ha eseguito insieme al pubblico, il quale, tutto in piedi per l’occasione, ha cantato con profonda passione la colonna sonora della nostra settimana santa.
In attesa delle prossime esibizioni e per chi si fosse perso il concerto di ieri, vogliamo ricordarvi che la corale riproporrà l’esecuzione de “Le sette parole di Gesù Cristo in croce” martedi 15 aprile 2014 alle ore 20.00 nella chiesa di “S.Leonardo”.
Potete seguire l’attività della corale attraverso la pagina facebook : Ass. corale polifonica “Pietro Branchina”, mentre chi fosse interessato a partecipare alle attività della corale può contattare il num. 327. 16.77.519

INTRODUZIONE
La pietà cristiana ha raccolto dai quattro Evangeli le ultime parole di Gesù morente: sette parole che precedono il forte grido di cui parla l’evangelista Marco (Marco 15,37) che accompagna la morte del Signore. Grido, non parola; grido che raccoglie tutte le grida, invocazioni, proteste, invettive dell’umanità.
La devozione alle “Sette parole di Gesù Cristo sulla croce” risale al XII secolo. In essa vengono riunite quelle parole che secondo la tradi¬zione dei quattro Vangeli sono state pronunciate da Gesù sulla croce all¬o scopo di trovarne motivi di me¬ditazione e di preghiera. Gesù ha pronunciato le sue ulti¬me sette parole per invocare il perdono per l’umanità e condurli alla nuova creazione della “Dome¬nica di Pasqua”.
PRIMA PAROLA
“PADRE, PERDONA LORO, PERCHÉ NON SANNO QUELLO CHE FANNO” (Lc 23,34)
La prima parola che Gesù pro¬nuncia è un’invocazione di per¬dono che egli rivolge al Padre per i suoi crocifissori. Il perdo¬no di Dio significa che osiamo affrontare ciò che abbiamo fat¬to. Osiamo ricordare tutto della nostra vita, con i fallimenti e le sconfitte, con le nostre debolez¬ze e la mancanza d’amore. Osia¬mo rammentare tutte le volte in cui siamo stati meschini e inge¬nerosi, la bassezza morale delle nostre azioni.
SECONDA PAROLA
“IN VERITA IO TI DICO: OGGI SARAI CON ME NEL PARADISO” (Lc 23,43)
La tradizione è stata saggia a chiamarne uno “buon ladrone”. È una definizione appropriata, poiché lui sa come impossessar¬si di ciò che non è suo: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42). Mette a segno il più strabiliante colpo della storia: ottiene il Paradiso, la felicità senza misura, e lo ot¬tiene senza pagare per entrarvi. Come possiamo fare noi tutti. Dobbiamo solo apprendere ad osare i doni di Dio.
TERZA PAROLA
“DONNA, ECCO TUO FIGLIO! ECCO TUA MADRE!” (Gv 19,26-27)
Nel Venerdì Santo vi è stata la dissoluzione della comunità di Gesù. Giuda lo ha venduto, Pie¬tro lo ha rinnegato. Sembra che tutte le fatiche di Gesù per edifi¬care una comunità siano fallite. E nel momento più buio, vedia¬mo questa comunità nascere ai piedi della croce. Gesù dà alla madre un figlio e al discepolo prediletto una madre. Non è una comunità qualunque, è la nostra comunità. Questa è la nascita della Chiesa.
QUARTA PAROLA
“DIO MIO, DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?” (Mc 15,34)
Improvvisamente per la perdita di una persona cara la nostra vita ci appare distrutta e senza sco¬po. “Perché? Perché? Dov’è Dio ora?”. E noi osiamo essere ter¬rorizzati nel renderci conto che non abbiamo nulla da dire. Ma se le parole che affiorano sono di assoluta angoscia, allora ricordia¬mo che sulla croce Gesù le fece sue. E quando, nella desolazio¬ne, non sappiamo trovare nessu¬na parola, nemmeno per gridare, allora possiamo prendere le sue parole: “Dio mio, Dio mio, per¬ché mi hai abbandonato?”.
QUINTA PAROLA
“HO SETE” (Gv 19,28)
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù incontra la donna samaritana a un pozzo del patriarca Giacobbe e le dice: “Dammi da bere”. Al principio e alla fine del raccon¬to della sua vita pubblica, Gesù ci chiede con insistenza di sod¬disfare la sua sete. Ecco come Dio viene a noi, sotto le spoglie di una persona assetata che ci chiede di aiutarlo a dissetarsi al pozzo del nostro amore, qualun¬que sia la qualità e la quantità di tale amore.
SESTA PAROLA
“TUTTO È COMPIUTO” (Gv 19,30)
“È compiuto!”. Il grido di Ge¬sù non significa solo che tutto è finito e che ora lui morirà. È un grido di trionfo. Significa: “È completato!”. Ciò che lui di¬ce letteralmente è: “E’ reso perfetto” All’inizio dell’Ultima Cena l’evangelista Giovanni ci dice che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, cioè all’estremo delle sue possibilità. Sulla croce vediamo tale estremo, la perfe¬zione dell’amore.
SETTIMA PAROLA
“PADRE, NELLE TUE MANI CONSEGNO IL MIO SPIRITO” (Lc 23,46)
Per noi essere vivi significa stare in comunicazione con gli altri. In questo senso, la morte non è solo la fine della vita, è silenzio per sempre. Pertanto ciò che diciamo davanti al silenzio imminente della morte è particolarmente rivelatore. Leggeremo con questa attenzione le ultime parole di Gesù, come quelle annunciate dal Verbo di Dio prima del silenzio della sua morte. Sono le sue ultime parole sul Padre suo, su di sé e su di noi, che proprio perché ultime hanno una singolare capacità di rivelare chi è il Padre, chi è lui e chi siamo noi. Queste ultime sette parole la tomba non le inghiotti. Esse vivono ancora. La nostra fede nella Risurrezione significa che la morte non riuscì a far tacere il Verbo di Dio, che egli ha infranto per sempre il silenzio della tomba, di qualun¬que tomba, e che per questo le sue sono parole di vita per chiunque le accoglie. All’inizio della Settimana Santa, davanti all’Eucaristia, le ria¬scoltiamo nella preghiera adorante, affinché ci preparino ad accogliere con fede il dono della Pasqua.
Una precisazione, si prega durante il canto dell’ultima parola, di non applaudire e rispettare la pausa che l’autore, il prevosto Pietro Branchina, ha voluto inserire per commemorare il momento della morte di Gesù in croce. Anche noi vogliamo rispettare con un prolungato silenzio tale drammatico momento.

FONTE & CREDITS FOTOhttp://timoleonte.wordpress.com/2014/04/13/la-corale-polifonica-pietro-branchina-si-esibisce-nella-chiesa-di-gesu-e-maria/