In questi mesi abbiamo assistito a fiaccolate, promesse televisive del tipo “le suore continueranno a fare apostolato ad Adrano” o “i religiosi torneranno alla S. Giorgio Gualtieri”.
 
Non essendo ancora chiariti del tutto (ognuno ha detto la sua) i veri motivi di questo allontanamento, più o meno forzato, ObBiettivo Adrano ha puntualmente evitato di strumentalizzare la vicenda, riconoscendo l’importante opera svolta in questi anni dalle suore ma, contemporaneamente, ponendo interrogativi di fronte allo strano connubio venutosi a creare tra due sfere, quella religiosa (rappresentata dalle suore) e quella laica (rappresentata dalla Fondazione), che avrebbero dovuto, invece, rimanere ben divise.
 
Ci preme ricordare, alla luce delle ultime novità, secondo le quali “religiosi” non meglio specificati dovrebbero tornare nelle strutture che avevano ospitato le suore, certe “voci” riguardanti la costruzione di una piscina e di una beauty farm all’interno o al posto dell’Istituto.
Queste voci si sono dissolte o, quanto mai ad arte, sono state messe a tacere per alcune settimane, prima dell’annunciato ritorno dei religiosi.
 
Dopo l’imbarazzante silenzio del clero, durato mesi, abbiamo infatti assistito alle dichiarazioni congiunte del vicario foraneo, del presidente della fondazione Sangiorgio Gualteri e del sindaco di Adrano, volte a garantire la presenza di un “nuovo ordine religioso all’istituto Sangiorgio Gualtieri”.
Notizie accolte con soddisfazione da gran parte della comunità adranita, che le ha interpretate come un primo passo verso il ritorno delle suore (anche se di altro ordine religioso) ad Adrano.
Quello che vorremmo sottolineare, dato che è sfuggito a molti, è che nell’intervento si è parlato anche di “alternative”, una delle quali sarebbe rappresentata da un “sacerdote con una equipe qualificata”.
 
Non vorremmo che dietro queste “alternative” si nascondessero gli interessi, molto vicini se non addirittura interni alla Curia catanese, di alcuni nostri concittadini. Pensare di affidare l’Istituto ad un religioso non meglio specificato, alla luce di quanto sentito in merito alla costruzione delle sopracitate strutture (con un “mecenate” pronto a pagarne di tasca propria la costruzione), rappresenterebbe certamente un rischio.
 
Quindi, prima di lasciarci andare ad entusiastiche esultanze, rimaniamo in attesa di chiarimenti, ed invitiamo i nostri concittadini a fare altrettanto, senza abbassare la guardia. Non vorremmo, infatti, che si continui a perseguire l’interesse di pochi, travestendolo da “volere dei cittadini”.
 
Da questa vicenda emerge, chiaramente a nostro modo di vedere, come non sia possibile alcuna ingerenza nel campo della giurisdizione clericale e dei suoi interessi.
In tal senso, stranamente, in pochi hanno capito i mesi di silenzio assordante della Curia arcivescovile e della congrega clericale della città. Pochi hanno compreso gli stretti legami che uniscono la Fondazione e la Curia arcivescovile. Pochi si sono resi conto della lenta dismissione del Sacro Cuore. Pochi hanno notato la vendita (o svendita?) di strutture utilizzate da altri ordini operanti in città. Pochi si sono curati di attenzionare i bilanci dell’Istituto anche in relazione ai costi giornalieri: si è letto il testamento dei Gualtieri ma sarebbe stato certamente interessante leggere anche i consuntivi di bilancio degli ultimi trent’anni.
 
Vi lasciamo con questi interrogativi, certi che questo post servirà da spunto per molte riflessioni.N.B.: Al fine di evitare malintesi e malumori, ci teniamo a precisare che questo articolo non tende a denigrare l’operato dell’associazione Symmachia, che da diversi mesi si batte per questa causa. Anzi, ne sposiamo le intenzioni e riconosciamo all’associazione i meriti che le spettano. Non a caso gran parte di noi ha firmato e fatto firmare la petizione che la suddetta associazione ha portato avanti insieme agli animatori della Sangiorgio Gualtieri.

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