intervista di Tony Zermo pubblicata sul quotidiano La Sicilia

Nello Musumeci, guarda chi si rivede. Ed è sbagliato dirlo perché resta sempre un politico che ha un suo elettorato e che ha lasciato un’ottima immagine di sé da presidente della Provincia di Catania. E’ uno dei fondatori della Destra di Storace.
Se si dovesse andare al voto, la Destra come si collocherebbe?
«Già prima alle regionali della scorsa primavera, che però non toccarono la Sicilia, si era determinato il nostro ingresso nella coalizione di centrodestra, essendo caduto all’inizio dell’anno il veto che allora Fini e Berlusconi avevano posto nei nostri confronti. Saremo alleati del Pdl anche alle politiche, se si dovesse votare».

Con Fini inchiodato sulla scandalo della casa di Montecarlo, pensate di intercettare i voti della destra finiana?
«Sono convinto che non possiamo essere il campo profughi degli ex missini o ex aennini, la Destra deve poter parlare anche a quella fascia di elettorato che non si riconosce né nel centro né nella sinistra. E’ chiaro che non mi faccio illusioni, secondo me gli ex finiani resteranno nel partito ufficiale del Pdl. Riteniamo che il nostro interlocutore debba essere il leader della coalizione, cioè Berlusconi. Con Fini non ci sono rapporti, né contatti».
Fini commise un errore storico quando, arrivato a Palermo disse: «Musumeci chi?». Era la primavera del 2006. Se avesse messo in lista Nello Musumeci, Enzo Trantino e Benito Paolone, Prodi non avrebbe vinto.
«Non solo ci regalò una decina di migliaia di voti per la reazione della gente, ma è chiaro che non si comportò da leader. Il centrodestra perdette per 24 mila voti. Loro hanno consegnato l’Italia a Prodi per 24 mila voti, mentre noi come Alleanza siciliana abbiamo preso 36 mila voti. Noi invitammo a non votare per la coalizione di centrodestra perché eravamo stati esclusi. E fu Fini a dire a Berlusconi di non mettere gli ex di An in coalizione perché tanto, secondo lui, prendevamo solo 5 mila voti».
E Fini lo stesso errore storico lo ha fatto in Puglia impedendo la candidatura della Poli Bortone, consegnando quella Regione a Vendola.
«E’ l’uomo dei veti e dei risentimenti, e la politica non si fa né con i veti, né con i risentimenti. Ora per fortuna c’è con Berlusconi un discorso di grande apertura».
So che dal 17 al 19 settembre avrete a Taormina una convention tricolore alla quale parteciperanno noti esponenti nazionali del centrodestra, non esclusa la presenza di Berlusconi.
«Berlusconi s’è incontrato parecchie volte con Storace, il dialogo è apertissimo».

Sul piano del governo regionale cosa si muove?
«Noi non abbiamo rappresentanza. Ufficialmente abbiamo auspicato il ritorno alla formula che venne votata dagli elettori, ci pare giusto che chi vinca vada a governare e chi perde vada all’opposizione. Quando la maggioranza originaria non c’è più, l’unica cosa da fare è restituire la parola agli elettori. Noi chiediamo che si torni alla formula originale e cioè che Lombardo e Castiglione tornino finalmente a sedersi allo stesso tavolo. Se ciò non dovesse avvenire sarebbe logico e necessario andare a votare. Ma tanto, se si scivola a Roma, inevitabilmente si scivola a Palermo e si scivola anche a Catania, Provincia e Comune, sarà un effetto a cascata: perché a quel punto Stancanelli dovrà decidere se restare a Catania o andare al Senato, non c’è il principio della reciprocità, lui da senatore può candidarsi a sindaco, ma da sindaco non può candidarsi a senatore. Mentre alla Provincia è noto che Castiglione, il quale non ne fa un mistero, voglia fare un’esperienza romana. Inevitabilmente bisognerà votare nei due maggiori Enti locali catanesi».

Però Lombardo farà di tutto per non andare al voto in Sicilia.
«Ha tutto il diritto di farlo, anche se mi sembra una forzatura, nel senso che gli elettori non capiscono più niente, hanno votato una maggioranza organica di centrodestra e si ritrovano con un centrosinistra che di fatto decide la gestione del governo. Una formula totalmente inedita, non c’entra neppure il milazzismo, è un’esperienza di rottura contro il centralismo romano».
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