fonti: FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI su www.repubblica.it, lasicilia.it

CATANIA – Il Governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo sono indagati a Catania con l’accusa di “concorso esterno in associazione mafiosa”. Indagati anche il fratello Angelo e il deputato regionale Fagone, dell’Udc.

La decisione è stata presa dalla procura etnea sulla base di un corposo rapporto di tremila pagine confezionato dai Carabinieri del Ros. Il dossier, all’esame del Procuratore della Repubblica, Salvatore D’Agata, fa riferimento alle relazioni tra il Governatore e il fratello, deputato nazionale, con alcuni boss.

Nel faldone top secret, spiccano le rivelazioni di un pentito e le intercettazioni telefoniche e ambientali che documenterebbero i contatti tra il capo assoluto della mafia catanese, Vincenzo Aiello, e i fratelli Lombardo. Con loro sono indagati anche un deputato regionale dell’Udc, Fausto Fagone, il sindaco di Palagonia, altri sindaci di comuni catanesi, numerosi amministratori comunali e provinciali, che sarebbero stati eletti grazie al “massiccio” appoggio ed “impegno” delle cosche mafiose del clan storico di Cosa nostra che faceva capo a Nitto Santapaola e che ora è capitanato da Vincenzo Aiello. Quest’ultimo è stato arrestato qualche mese fa durante un summit in cui si discuteva se aprire o meno una guerra contro le bande criminali catanesi, degli appalti da gestire e di come “comunicare” con il Presidente della Regione, Raffaele Lombardo che – una volta eletto a capo del Governo Siciliano – aveva eretto una vera e propria barriera per evitare intercettazioni telefoniche e “contatti” compromettenti.

Accorgimenti che non hanno impedito agli investigatori del Ros di ricostruire, in due anni di indagini, le relazioni tra i fratelli Lombardo con i boss di Catania, in particolare con Vincenzo Aiello, “capo Provincia” di Cosa nostra, ed altri esponenti della malavita che durante il periodo elettorale si erano trasformati in “galoppini” raccogliendo, con le buone o con le cattive, migliaia di voti per fare eleggere Raffaele ed Angelo Lombardo, ed altri esponenti politici segnalati alle cosche mafiose. “Raffaele ha creato un circuito chiuso” diceva Vincenzo Aiello ai suoi uomini e alla persona (identificata ed indagata) che faceva da “corriere” tra Lombardo ed il capomafia riferendo soltanto “a voce”.

Nelle conversazioni intercettate dai carabinieri del Ros anche le “critiche” che il capomafia faceva a Raffaele Lombardo, per avere voluto nella sua giunta, magistrati-assessori, Massimo Russo, ex magistrato antimafia a capo dell’assessorato alla Sanità, Giovanni Ilarda, ex assessore alla Presidenza della Regione e Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione di Palermo, ucciso dalla mafia con un’autobomba nel 1983. “Raffaele ha fatto una “minchiata” a fare questi magistrati assessori, perché questi, anche se lui è convinto che lo faranno, non potranno proteggerlo” commentava il boss Vincenzo Aiello parlando con i suoi “picciotti” e riferendosi al fatto che proprio in quei giorni un alto funzionario della Regione Siciliana era stato indagato per l’appalto relativo all’informatizzazione della Regione.

Agli atti dell’inchiesta, coordinata direttamente dal Procuratore D’Agata ed affidata al procuratore aggiunto Gennaro e ad altri quattro sostituti, ci sono ore ed ore di intercettazioni telefoniche ed ambientali che inguaiano il fratello del Presidente ed il suo autista “personale”. Quest’ultimo, secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros, teneva i rapporti (“da vicino e mai al telefono”) con i boss e gli altri esponenti delle famiglie mafiose. La sua automobile era stata imbottita anche di microspie, ma l’autista, le aveva scoperte e in automobile non parlava più.

Un’altra parte dell’inchiesta, molto corposa, riguarda gli “affari” dei fratelli Lombardo e di esponenti politici e funzionari regionali a loro legati che hanno sostituito i burocrati fedeli all’ex presidente della Regione, Salvatore Cuffaro (anche lui indagato, processato e condannato per favoreggiamento a Cosa Nostra), che controllano ormai tutti i punti vitali della spesa pubblica siciliana, dalla Sanità ai finanziamenti europei, alla formazione professionale, al grande business dell’energia alternativa, fino alla gestione dei rifiuti. L’inchiesta è ormai conclusa, i fratelli Lombardo rischiano la richiesta di arresto. Raffaele, anche se presidente della Regione, non gode dell’immunità parlamentare, per il fratello Angelo, invece, sarebbe necessaria l’autorizzazione della Camera dei deputati.

Arrivano anche le prime reazioni.
“È un’accusa che non sta nè in cielo nè in terra. Non conosco Aiello, e non so chi sia. Posso soltanto ribadire che non ho mai fatto affari con la mafia”. Lo ha affermato all’ANSA il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, commentando la notizia, riportata dal quotidiano La Repubblica, della sua iscrizione nel registro degli indagati per concorso esterno all’associazione mafiosa, assieme al fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa.
Il governatore ha detto di “non avere avuto notificato alcun avviso di garanzia” e di “avere appreso la notizia da un amico che ha letto il giornale” e gli ha telefonato. Il leader del Mpa ha annunciato che adirà “le vie legali” nei confronti di chi lo accusa per “difendersi da queste accuse infamanti e false”. “Non lancio proclami – ha aggiunto Lombardo – e chiedo giustizia agli stessi magistrati presentando un esposto dopo avere letto di cosa mi si accusa”. Sui contatti con Liga, il presidente della Regione Siciliana ribadisce che “sono stati di natura politica” e di “averlo incontrato così come tanti altri hanno fatto”.

Il procuratore D’Agata (indagato qualche mese fa per abuso d’ufficio e tra i partecipanti all’ormai famoso banchetto organizzato da Lombardo in occasione delle festività di Sant’Agata): “La propalazione sui giornali di notizie come quella pubblicata da Repubblica ha quasi sempre una matrice politica”. Secondo il magistrato la notizia “non è stata certo diffusa dall’Azione cattolica” la sua pubblicazione è “determinata da interessi e da contrapposizioni di natura politica dei quali i giornali divengono a volte involontario strumento”. “Ma nel diffondere le notizie – sottolinea il procuratore capo di Catania – i giornalisti fanno il loro corretto mestiere. Ben diversa è la funzione del magistrato – conclude D’Agata – che da matrici, interessi e strumentalizzazioni politiche deve e intende restare assolutamente estraneo. Allo stato in conseguenza non ritengo di dover fare alcuna dichiarazione”. Nell’attesa, la Procura di Catania aprirà un’inchiesta sulla fuga di notizia sul fascicolo che è aperto per concorso esterno all’associazione mafiosa sul presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e su suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa. Lo apprende l’ANSA da fonti qualificate. Il fascicolo per competenza, dopo gli atti iniziali, sarà trasmesso alla Procura di Messina.

L’Idv chiede le dimissioni di Lombardo. “Se le notizie pubblicate oggi sul quotidiano La Repubblica venissero confermate, riteniamo doveroso che il Presidente della Regione Lombardo abbia la sensibilità nonchè la responsabilità istituzionale di dimettersi”. Lo dicono il sen. Fabio Giambrone, commissario regionale siciliano di Italia dei Valori, e l’on. Leoluca Orlando, portavoce nazionale del partito. “Così come l’abbiamo richiesto, a gran voce, per l’ex presidente Cuffaro, siamo a ribadirlo oggi – aggiungono – Lombardo si dimetta e spieghi davanti ai giudici la sua posizione”.

FOTO: lasicilia.it

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