«Nemmeno da Ikea ci sono tutti questi articoli per la casa», commenta un catanese. «Che orrore», replica una cittadina di origini francesi. Il dibattito si svolge sul profilo Facebook del vulcanologo tedesco dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Boris Behncke, poco dopo che l’esperto mette online l’album dal titolo Un giro turistico per Zauddilandia. La raccolta di fotografie – scattate lo scorso fine settimana – mostra diversi focolai di discariche a cielo aperto nella strada che da Piano San Leo porta fino ad Adrano, nella Statale 284 – meglio nota come Occidentale etnea – e in alcuni tratti a confine tra il territorio adranita e il Comune di Bronte. Tutte aree che insistono all’interno del Parco dell’Etna. E che «da anni vengono riempite di rifiuti di ogni tipo. Ricordo ancora quando, qualche mese fa, vicino al Rifugio Citelli ho trovato un monitor per computer, un’aspirapolvere e un ferro da stiro», racconta Boris Behncke.

Il dato che preoccupa l’esperto è il fatto che la spazzatura, da qualche tempo, non viene esclusivamente lasciata ai bordi delle strade ma «riversata anche in punti addentrati dei boschi, addirittura fino a 1700 metri di quota». E a precedere i mucchi di rifiuti spesso ci sono «le tracce impresse sul terreno da mezzi a due e a quattro ruote». Un’impronta che non lascia dubbi sulla matrice del «fenomeno zauddo», precisa ironico Boris Behncke. Per l’esperto – che ha lasciato la Germania proprio per studiare meglio il vulcano attivo più alto d’Europa – rinvenire tra gli alberi dell’Etna accumuli di eternit, copertoni, elettrodomestici, sanitari, scarti di materiale edile, plastica, carta e molto altro «è una tristezza infinita».

Il sentimento è lo stesso che gli confidano i numerosi turisti che lo cercano e lo contattano per ottenere informazioni sull’attività parossistica dell’Etna, sui luoghi più caratteristici da visitare e sugli itinerari da non perdere. «Chi viene da fuori sostiene che viviamo in un posto che sembra il paradiso ma che non riusciamo a prendercene cura come si deve», racconta Boris Behncke. «Ma c’è anche molta gente del luogo che si arrabbia per lo spettacolo indecente al quale deve assistere», continua.

«Poiché la situazione è simile anche in altre parti del mondo, credo che il problema sia culturale – aggiunge – Per questo, quando vengo invitato nelle scuole a parlare agli studenti dell’Etna, inizio sempre raccontandogli la storia di Zauddilandia». «Le campagne di sensibilizzazione non sono mai troppe così come un deterrente allo spargimento di rifiuti sull’Etna potrebbe essere rappresentato dai circuiti di telecamere di sorveglianza», dice l’esperto. «Se ne parla da tanto tempo e, con un po’ di volontà e una spesa non eccessiva, se ne potrebbero installare alcune a protezione del bene», conclude Boris Behncke.

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Cassandra Di Giacomo via meridionews.it