La droga ed il traffico di stupefacenti venivano finanziati con i soldi di tutto il clan. Una sorta di vera e propria cassa comune dalla quale attingere per poi dividersi i compiti. Per lo spaccio di cocaina i responsabili indiscussi erano Salvatore Crimi e Gianni Santangelo; per l’eroina c’erano, invece, Tonino Bulla e Antonino La Mela; per la marijuana, infine, c’era il solo Alessio Samperi almeno sino a quando (era la fine del 2014) non è stato allontanato. 
Sono ancora le carte e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia a tenere banco nell’inchiesta Adranos. Sul fronte dello spaccio delle sostanze stupefacenti ogni compito era assegnato con minuzione: le persone citate poc’anzi detenevano lo stupefacente e poi lo dividevano ad altri appartenenti al gruppo, stipendiati dal clan, che a loro volta lo rivendevano ad una rete di piccoli spacciatori operanti ad Adrano ed in altri paesi della zona.
Tra il 2014 ed il 2015 il capo riconosciuto del clan mafioso era certamente Alfio Santangelo: lui, però, non si occupava in concreto di spaccio o di estorsioni. Sempre in questo periodo il vero responsabile del clan, nominato dallo stesso suocero Alfio Santangelo era Nino Quaceci che si occupava di estorsioni e di rapporti con altri clan anche di Catania.

Quello che è emerso dagli interrogatori portati avanti dai magistrati è che persino durante i periodi di detenzione, i rapporti finalizzati alle forniture di sostanza stupefacente proseguivano: in particolare prendendo contatti con esponenti della ‘ndrangheta calabrese per la fornitura di cocaina, rifornendo nel 2010 e 2011 anche il gruppo dei fratelli Nizza consegnando loro circa dieci chili di cocaina a settimana, mentre, più di recente, approvvigionando di uguali quantità di cocaina anche il clan Cappello.

In una delle deposizioni dinanzi ai giudici, uno dei collaboratori di giustizia racconta: ”Per quanto riguarda il traffico di droga ad Adrano da parte dei Taccuni so per certo che gli stessi hanno un traffico di stupefacenti perché di recente sono andato con Nino Magro e con Vincenzo Salvatore Rapisarda ad Adrano per cercare di sistemare un conflitto tra i Santangelo e gli Scalisi rappresentati da Alfredo Mannino e Pietro Severino. In tale occasione il motivo di conflitto è che Santangelo voleva acquisire una piazza di spaccio che Pippo Scarvaglieri sostiene essere storicamente degli Scalisi. In tale occasione Santangelo Alfio disse che potevano lavorare tutti insieme nella stessa piazza di spaccio”.

E ancora: “Per il clan Santangelo la cocaina veniva gestita da Salvatore Crimi e da Santangelo Gianni detto giannetto e per questo come detto poi mio padre appena uscito fece l’accordo con Crimi Salvatore. In particolare l’accordo era nel senso che noi compravamo la cocaina a 45 euro al grammo, poi noi la tagliavamo e la rivendevamo a 65 euro al grammo. Il Crimi ci garantiva la possibilità di vendere la droga in esclusiva in alcune zone come Centuripe, Regalbuto, Maletto, Maniace ma ci disse di non andare mai in posti come Biancavilla o Paterno…il rapporto con il Crimi era nel senso che la prima fornitura avveniva a debito poi io dovevo pagare la precedente fornitura per avere la nuova fornitura di 50 grammi”.

Un’attività investigativa, quella degli investigatori, che si è sviluppata dal mese di ottobre del 2014 al mese di luglio del 2016 essenzialmente mediante intercettazioni telefoniche e ambientali sulle utenze e i veicoli utilizzati dagli indagati, l’installazione di dispositivi GPS sui motocicli utilizzati, nonché la collocazione di telecamere. Da qui, l’acquisizione di elementi schiaccianti che hanno delineano i contorni della accusa dell’inchiesta Adranos: una delle più imponenti operazioni condotte sul territorio che hanno scoperchiato una cappa mafiosa intrisa di droga, ricatti ed estorsioni.

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Anthony Distefano via meridionews.it