L’esecuzione di Maurizio Maccarrone è stata registrata da una telecamera. La prova principe dell’indagine sull’omicidio del 15 novembre scorso avvenuto ad Adrano è un video che riprende l’assassino che spara. Il filmato, nelle mani di Polizia e Procura, in queste settimane è stato analizzato in ogni dettaglio: ogni frame è stato studiato nei minimi particolari allo scopo di scovare qualsiasi elemento utile a dare uno scossone all’inchiesta.

Sulla scena del crimine sono in due: il sicario e il palo. Uno ha il compito di uccidere, il complice, invece, di controllare la zona e tenere lo scooter acceso per la fuga. Il video mostra un uomo con il volto travisato che spara i primi colpi a distanza mentre Maccarrone, appena uscito di casa, si dirige verso la sua station wagon. Le pallottole centrano il bersaglio: ferendo il 43enne alla nuca e alle schiena. La vittima si accascia a terra, in via Antonio Cassarà, il killer si avvicina e fa fuoco: un colpo secco dritto alla testa. Immediatamente dopo si vede il criminale salire in sella allo scooter con il motore acceso pronti per scappare.

A sparare sarebbe stato un professionista: diversi particolari fanno propendere per questa ipotesi. In primo luogo la precisione della mira e poi le modalità con cui il sicario spara l’ultimo colpo: tende la pistola e fa un piccolo passetto indietro, per evitare che si possano macchiare gli indumenti di sangue.

Non basta però l’ipotesi di un professionista ingaggiato per l’omicidio a privilegiare la pista della criminalità organizzata. Maurizio Maccarrone, non aveva precedenti penali e al di là del rapporto di parentela con Pietro Maccarrone rimasto implicato nell’inchiesta “Terra Bruciata” contro il clan Scalisi, non risultano agli inquirenti né frequentazioni tra i due né rapporti diretti con gli ambienti del crimine. Per gli adraniti Maurizio “era una persona perbene”. 

Gli agenti indagano senza lasciare nulla di intentato. Non è mai stata abbandonata, infatti, la pista del regolamento di conti maturato nella sfera familiare, screzi e dissidi che potrebbero aver portato a pianificare l’omicidio. Per questo al Commissariato di Adrano sono stati ascoltati diversi familiari e amici come persone informate dei fatti: interrogatori che hanno permesso di ricostruire le ultime giornate di vita di Maccarrone ma anche di cristallizzare il contesto familiare e lavorativo della vittima.

La modalità del delitto sono un chiaro esempio di delitto di stampo mafioso. Il video mostra precisione, freddezza ed efferatezza. Nulla di improvvisato, ma pianificato. E per questo il confronto del video dell’esecuzione con le immagini registrate nei giorni precedenti all’omicidio potrebbero fornire ulteriori dettagli: magari i sicari e i mandanti hanno fatto un sopralluogo sul luogo dell’omicidio.

L’assassinio di Maccarrone si inserisce nella lunga scia di sangue che sta interessando il triangolo della morte di Adrano, Biancavilla e Paternò iniziata con Giuseppe Mazzaglia, detto “Fifiddu”. I nomi dei personaggi finiti sotto i colpi dei sicari fanno pensare ad una battaglia intestina all’interno del Clan storicamente referente di Cosa Nostra catanese. Una conclusione, come abbiamo più volte scritto in queste pagine, sin troppo scontata. Se di spaccatura nei Mazzaglia si parla e, dunque, di guerra intestina alla cosca per la conquista del potere verticistico, questo non esclude che la battaglia sia scaturita perché una di queste fazioni si è alleata ad un clan rivale ai Santapaola che vuole allargare il suo dominio fino ad Adrano e Biancavilla.

Laura Distefano