Addio alle Province, almeno a come le abbiamo viste finora. Arrivano le Città metropolitane e le unioni tra Comuni. Sono queste le principali novità del ddl Delrio che è stato definitivamente approvato dalla Camera. «Oggi abbiamo detto basta a tremila politici nelle province», sulle riforme «dobbiamo andare avanti come un rullo compressore», ha detto il premier Renzi in serata intervenendo a Otto e mezzo su La7. E ha spiegato: «Non si voterà più per gli enti provinciali».  

IL VOTO  

Montecitorio ha dato il via libera definitivo al provvedimento con 260 sì, 158 no e 7 astenuti. Le proposte di modifica presentate dalle opposizioni sono state tutte respinte. Ma è scontro con le opposizioni, Forza Italia in testa. «È un golpe», grida in Aula il capogruppo degli azzurri a Montecitorio Renato Brunetta.

LE NOVITA’  

Il ddl Delrio, non potendo «cancellare» le amministrazioni provinciali, le svuota di competenze. Il testo modifica la struttura degli enti locali e consente la fusione tra comuni in modo da consentire loro di svolgere i compiti svolti dalle province. Sono state sancite anche le città metropolitane e le aree vaste. Bisognerà comunque aspettare la riforma del Titolo V della Costituzione che modificherà nuovamente organi e funzioni. 

LA RIDUZIONE DEI COSTI  

Il ddl mira ad una riduzione dei costi, pertanto prevede un criterio di gratuità per l’esercizio delle funzioni di presidente e consigliere provinciale. I consigli provinciali, infatti, vengono trasformati in Assemblee dei sindaci: questi ultimi lavoreranno nei nuovi «enti territoriali di area vasta», percependo esclusivamente le indennità già corrispostegli in qualità di primi cittadini. I presidenti di Provincia non saranno più eletti dai cittadini, ma indicati all’interno di una assemblea formata dai sindaci dei Comuni del territorio di riferimento. Ad esempio, il futuro presidente della Provincia di Frosinone sarebbe scelto tra i sindaci dei Comuni del Frusinate e percepirebbe soltanto lo stipendio da sindaco. 

LE COMPETENZE  

Le competenze provinciali vengono trasferite a Regioni e Comuni, ad eccezione dell’edilizia scolastica, della pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente. Il personale continuerà a lavorare presso gli organi territoriali di riferimento dell’attività svolta, mantenendo retribuzione ed anzianità di servizio. Il ddl prevede che questi nuovi enti provinciali prenderanno vita a partire dal 1 gennaio 2015. Fino ad allora le Province saranno rette da commissari (si tratterà degli attuali presidenti di Provincia che cambieranno nome in commissari) in quanto non si voterà per le rielezioni dei 52 organi provinciali in scadenza nel 2014. 

LE CITTÀ METROPOLITANE  

Napoli, Milano, Torino, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Venezia e Reggio Calabria diventano Città Metropolitane. A queste va aggiunta Roma, già inquadrata con l’istituzione di Roma Capitale; in futuro anche Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste (l’istituzione deve passare attraverso un provvedimento delle Regioni a statuto speciale in cui ricadono) saranno Città Metropolitane. In totale, alla fine si tratterà di 15 nuove aree territoriali che vanno a sostituire le Province: ricopriranno il territorio della Provincia omonima e ne assumeranno le competenze. Saranno guidate da un sindaco metropolitano che, a differenza dei presidenti delle «nuove province» potrà anche essere eletto ma solo «previa» istituzione di una apposita legge. Altrimenti, il sindaco metropolitano coinciderà con il sindaco della principale città e non percepirà indennità aggiuntive per l’ulteriore incarico. Altri organi saranno il Consiglio metropolitano, indicato dal sindaco, e la Conferenza metropolitana. Quest’ultima sarà composta dai sindaci dei Comuni appartenenti alla città metropolitana. Il personale delle amministrazioni provinciali, pertanto, confluirà nel nuovo ente territoriale. Il ddl prevede che le Città Metropolitane prenderanno vita a partire dal 1 gennaio 2015. 

IL PLAUSO DEL PD  

Brunetta in una conferenza stampa convocata ad hoc si appella al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché non promulghi il provvedimento evocando il colpo di Stato. «Non è vero», replica il vicesegretario del Pd Deborah Serracchiani, rivendicando l’impegno del governo sul fronte delle riforme. Grande soddisfazione è stata espressa dalle file “dem” per un provvedimento che dovrebbe cambiare l’assetto del Paese. Marina Sereni, vicepresidente della Camera del Pd, ne è certa: «Con l’approvazione definitiva della legge sulle Province e le città metropolitane comincia la semplificazione dell’assetto istituzionale italiano». Ma le opposizioni si ritrovano unite nel criticare il pacchetto di misure che nelle intenzioni dell’Esecutivo serve a costruire un ponte in attesa delle riforme costituzionali e che porteranno all’abolizione tout court delle province. «È un successo dopo anni di attesa, dice invece Lorenzo Guerini, l’altro vicesegretario del Pd, che porta «risparmi concreti». Ed è «un passo decisivo – aggiunge – che troverà compimento con la riforma costituzionale e la revisione del titolo V». 

LE OPPOSIZIONI SULLE BARRICATE  

Opinione contestata appunto innanzitutto da Fi, che definisce il provvedimento «Un pasticcio, un obbrobrio, un imbroglio, una truffa», soprattutto «considerato – assicura Brunetta – il combinato disposto del progetto di riforma del Senato, che è stato scritto con i piedi». Ma gli azzurri non sono gli unici ad attaccare il ddl Delrio, messo a punto dall’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio quando era ministro: proteste arrivano anche dai grillini, da Sel, dalla Lega e da Fratelli d’Italia. Altro che risparmi: secondo il conteggio di M5S, tra consiglieri e assessori alla fine ci saranno 31mila poltrone in più. Numero pi’ numero meno, si tratta di una tesi sostenuta anche da Fdi: «Primo vero prodigio di Renzi – twitta Giorgia Meloni – finge di abolire le Province e crea 25 mila poltrone in più #supereroe’’. Pura propaganda, attacca il partito di Nichi Vendola: il disegno di legge approvato dal Parlamento «non abolisce le province. Sel – interviene in Aula Nazzareno Pilozzi – non è contro il cambiamento ma contro i finiti innovatori che nascondono dietro la demagogia le peggiori pratiche spartitorie». Una «farsa», secondo la Lega che ricorda come anche «secondo la Corte dei Conti i costi non diminuiranno ma aumenteranno». 

FONTE: http://www.lastampa.it/2014/04/03/italia/politica/province-s-definitivo-per-abolirle-QY6SQst3wMYblL47e7SsvK/pagina.html