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Non c’è pace per il Mediterraneo. Il pericolo delle trivelle al largo delle coste siciliane e di Pantelleria e Lampedusa sembrava scongiurato, dopo che, due anni fa, erano state condotte alcune battaglie di movimenti ambientalisti, associazioni e partiti politici di entrambi gli schieramenti per limitare il permesso di ricerca e poi di estrazione di petrolio nel Mare Nostrum.
E invece, prima Monti e poi Renzi, con i diversi decreti per cercare di rianimare la piatta economia italiana, non hanno pensato di meglio che rimuovere i limiti e i controlli per le multinazionali golose del poco petrolio nel nostro mare.
Adesso l’allarme è reale. Tant’è che il Sindaco di Pantelleria, Salvatore Gabriele, non si da pace: la sua isola conduce una battaglia per la promozione dell’agricoltura “eroica” basata sulla coltivazione della vite e sulla produzione del passito. Ed ecco all’orizzonte stagliarsi minacciosa l’ombra di piattaforme petrolifere. “No alle trivelle – sintetizza lui – piuttosto preferisco riempire il mare di passito”. 
Nell’ultimo decreto del Governo Renzi, lo “Sblocca Italia”, c’è una norma che sblocca…le trivelle. In pratica toglie alle Regioni il potere di veto sui permessi di ricerca e sulla trivellazione di pozzi di petrolio e metano. L’esecutivo vuole così tagliare i tempi burocratici, aumentare la capacità estrattiva e sbloccare investimenti. L’obiettivo è legato alla SEN, la Strategia Energetica Nazionale, che prevede, da qui al 2020, il raddoppio dell’estrazione di idrocarburi nel nostro Paese, fino a 24 milioni di barili l’anno. Secondo fonti governative, in questo modo si creano “investimenti per 15 miliardi di euro, 25 mila nuovo posti di lavoro, risparmi sul conto energetico nazionale per 5 miliardi l’anno”. Un miliardo, inoltre, deriva dagli introiti fiscali collegati. Numeri importanti, che però non tengono conto del rischio ambientale per il nostromare e le coste siciliane del Sud Italia, già compromesse da anni di incuria, speculazione edilizia, inquinamento. Può la classe politica da un lato decantare la Sicilia come “isola in una mare di luce” e puntare sul turismo, e dall’altro lato consentire le trivellazioni, definendo lo sfruttamento degli idrocarburi “un’importanza strategica” per il Paese?
La Basilicata e la Sicilia sono meglio del Texas” risponde Matteo Renzi con uno dei suoi soliti slogan. Ma a parte che non è vero – dati alla mano – che coerenza c’è in questa visione del Paese con quella di promozione del turismo nel Sud Italia? Per Renzi “il Mar Mediterraneo è pieno di oro nero, e non si può raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas, nè dare lavoro a 40mila persone perchè si ha paura delle reazioni di tre quattro comitatini”. I soliti gufi. 
La vicenda non riguarda solo la Sicilia e la Basilicata. Abruzzo e Puglia sono tra le Regioni più esposte. Singolare è che mentre gli altri governi regionali hanno già fatto sentire la loro voce, pochi protestano in Sicilia, a parte il Sindaco di Pantelleria, Gabriele. Anzi, anche in questo caso l’atteggiamento del governo guidato dal democratico Rosario Crocetta è titubante. A parole si è per la tutela dell’ambiente, nei fatti, ad esempio, uno degli ultimi atti è del 4 Giugno 2014: un accordo con l’associazione delle compagnie petrolifere, Assomineraria “per il rilancio degli investimenti in Sicilia per l’utilizzo razionale di gas e petrolio, nel rispetto dell’ambiente”. Parole equivoche. Solo in Sicilia sono previsti investimenti per 2,4 miliardi e 7000 posti di lavoro. Ma una seria politica di rilancio del comparto turistico isolano (infrastrutture, musei, tutela dell’ambiente, restauro dei monumenti e dei siti) non potrebbe comportare più posti di lavoro? Questi i progetti previsti in Sicilia: sviluppo di giacimenti nel Canale di Sicilia (progetti off-shore “Ibleo” e “Vega B”) e a terra (progetto on-shore “Irminio”); potenziamento della produzione on-shore in siti esistenti (5 campi); permessi di attività di ricerca nei campi “Scicli” e “Case La Rocca” a Ragusa (Irminio), “Petralia Soprana” e “Biancavilla” (EniMed), “Contrada Giardinello”, al confine fra Ragusa e Catania (EniMed-Irminio- Edison), più altre due istanze «per il conferimento del permesso esclusivo di idrocarburi liquidi e gassosi» nel Canale di Sicilia, al largo della costa del sud-est.

E’ questo il futuro che aspetta la Sicilia? La notizia del via libera alle trivelle fa il paio con un’altra notizia. Grazie alla nuova strategia Alitalia-Etihad, dal prossimo 1° ottobre AirOne ha deciso non solo di chiudere la propria sede di Catania ma anche di cancellare i voli diretti per Monaco, Mosca, Berlino, Amsterdam, Parigi, San Pietroburgo, Dusseldorf, Praga. Per i nazionali sono stati cancellati Bologna, Torino, Venezia, Verona. Lo stesso discorso in parallelo vale per l’aeroporto palermitano di Punta Raisi.  Il tutto senza particolari proteste. Con 17 siti Unesco e tre quarti delle coste italiane, il Mezzogiorno fatica ad arrivare a un ottavo dei ricavi dal turismo straniero e tutto insieme raccoglie, secondo il Touring Club, molto meno degli arrivi e delle presenze del solo Veneto. La Sicilia con sei siti Unesco che rappresentano quasi un ottavo del patrimonio nazionale, raccoglie un trentunesimo dei soldi del turismo straniero. Ma allora finiamola di dire che il turismo è il nostro petrolio. Il nostro petrolio…è il petrolio. 

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