Editoriale di Domenico Tempio su La Sicilia di oggi
                                                                               

Il Mezzogiorno dovrebbe essere uno dei quattro punti con cui in autunno, alla ripresa dell’attività politica, Berlusconi intende rilanciare il governo ma soprattutto constatare se esiste la possibilità di un accordo con i finiani oppure andare alle elezioni. Ha più il sapore di una partita di poker, dove il premier distribuisce le carte e chi si siede al tavolo deve decidere di giocare o di «passare la mano». Essere parte di una «posta» di gioco in verità non ci conforta. Se nella maggioranza, litigiosa come è oggi, qualcuno dovesse «passare la mano» e, conseguentemente, si dovesse andare alle elezioni, al Mezzogiorno rimarrebbe il piatto vuoto, come del resto è accaduto nel passato.
Nonostante si parli sempre, purtroppo a sproposito, del Sud, in verità nessuno, né i politici di casa nostra né quelli della Roma ladrona, come la chiama Bossi, hanno

capito l’emergenza in cui vive questo malandato territorio. Che poi è quasi la metà del Paese.
Un esempio si ha dai dati forniti proprio ieri dalla relazione economica della Regione: nel 2009 il prodotto interno lordo, cioè il pil, della Sicilia è calato del 3,6%. Dato peggiore degli ultimi 40 anni. E’ allarmante, anche se inferiore alla media italiana. Il disastro però è ancora più evidente se si guardano i quattro anni precedenti durante i quali la nostra regione è andata sempre indietro. Ciò vuol dire che si è dentro un circuito vizioso dal quale sembra difficile tirarsi fuori.
Ed è ancora più difficile se si guarda lo stato della politica siciliana e nazionale. In Sicilia vi sono una maggioranza ormai frantumata e un governo che vive alla giornata e sta per arrivare, nei suoi due anni di vita, alla quarta edizione. A Roma, come abbiamo detto sopra, c’è in ballo un gioco rischiosissimo tutto interno a una maggioranza che maggioranza non è più. Per questo le quattro carte di Berlusconi, una delle quali è il Mezzogiorno, bluff o non bluff, ci lasciano perplessi. Si sa solo dalle prime indiscrezioni, che entro il 2013 dovrebbero arrivare al Sud 80 miliardi tra vecchi e nuovi fondi Fas e finanziamenti europei. Provvidenze già previste che verrebbero però centralizzate in un unico piano. Ciò sarebbe uno schiaffo al nascente federalismo, secondo cui ogni Regione dovrebbe amministrare i finanziamenti che le toccano, ma con tutti i fallimenti dei passati governi meridionali, non solo della Sicilia ma di Puglia, Campania e Calabria, forse un accentramento in un piano unico potrebbe essere utile data l’emergenza in cui il Sud vive. Evitando così una fallimentare frammentazione. Ma, come abbiamo detto, il Mezzogiorno è solo una delle «poste» in gioco di questa instabile e cinica politica. Quasi sempre nel passato ha perso. C’è da affidarsi alla sorte. Che non sia ancora una volta crudele.

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