di Giuseppe Liotta

Ieri sera in Piazza Umberto abbiamo assistito a “Note Sotto il Castello” , un evento del programma estivo del comune di Adrano per le feste patronali.

Lo spettacolo prevedeva una manifestazione di giovani emergenti che si esibivano in un tributo a due grandi nomi del panorama musicale italiano Fabrizio De André e Lucio Battisti.
Le riprese sono state curate da TVA, con la presentazione di Elisa Petrillo, che si è avvalsa dell’ausilio di una giovanissima valletta. La giuria costituita da giornalisti e politici locali, improvvisati esperti di musica.
Ad inizio serata sono saliti sul palco due delle tre new entry tra gli assessori comunali, di cui Aldo Di Primo si è fatto portavoce per chiarire tempestivamente quello che preannunciano le feste, sulla stessa linea dell’anno scorso, senza gli sprechi delle amministrazioni precedenti.
Dalla serata di ieri ne è venuta fuori una “corrida” dove i “dilettanti allo sbaraglio”, adraniti e non, hanno fatto sicuramente del loro meglio, raggiungendo discreti risultati solo in pochissimi casi.
Le note stonate non finiscono qui.
I ritmi della kermesse fin troppo lenti e poco coinvolgenti, con una gestione dei tempi che aveva effetti soporiferi, riscontrabili negli sbadigli del pubblico.
Il service audio insufficiente, con un livello che andava dal dj amatoriale in una festa di compleanno al bambino che gioca con lo stereo nuovo del padre.

Quasi tutti coloro che salivano sul palco per cantare le canzoni di De André manifestavano la loro passione per Battisti, che preferivano al cantautore genovese, molti neppure lo conoscevano, seppur in gara con una sua canzone. Motivo tra tanti per cui non si può dire che sia stato un tributo al grande Faber, che rivoltandosi nella tomba ha dovuto sopportare “Don Raffaé” in chiave neo-melodica napoletana, la “La Città Vecchia” interpretata alla Tatangelo e “Ho Visto Nina Volare” singhiozzata alla “Ferreri”. Solo per fare qualche esempio a chi non ha avuto la possibilità di assistere a tale spettacolo raccapricciante.

Certamente Battisti è avvantaggiato in questo coinvolgimento del pubblico dal suo essere nazionalpopolare, non certo dalla differenza di età come ha detto qualcuno erroneamente e dai suoi motivi più accessibili e più orecchiabili. De André più raffinato, strumentalmente più complesso e con dei testi più impegnati nell’intento di cantare gli ultimi, di cantare l’amore nella sua intensità, di urlare ad una nazione troppo bigotta il suo malessere per i problemi della società e delle sue anime.

Per onor di cronaca bisogna riconoscere qualche elemento interessante della serata.
Il gruppo di apertura “Panic”, tra l’altro l’unico che ha suonato dal vivo, con una formazione di giovani provenienti da Centuripe che hanno eseguito cover di canzoni tratte dallo straordinario repertorio di Lucio Battisti, adattate in maniera originale con chiare sonorità rock. Seppur non aiutati da un service troppo scadente i giovani musicisti hanno rispecchiato quello che doveva essere il vero spirito della serata.
Brave anche le cantanti in gara Finocchiaro ed Alongi. La prima sfoggiava una bellissima voce “black” in “Il tempo di morire”, purtroppo non accompagnata da musicisti in un’esibizione strumentale dal vivo bensì da una base musicale che spesso la prorompente ugola doveva inseguire. La seconda ha puntato sulla simpatia e su una coreografia improvvisata per dare una spinta alla sua voce comunque limpida e superiore a gran parte dei partecipanti.

Senza dubbio da apprezzare la politica del “low cost” di queste feste che non aggravano sulle casse del comune, ma con poco si può fare certamente meglio. Se una serata viene proposta come tributo a due grandi cantautori doveva annoverare per lo meno musicisti selezionati per fare una figura decente, con un service almeno sufficiente, degno di un evento nella piazza principale.
Complessivamente il giudizio della manifestazione è negativo. Ma attenzione, non si deve neppure dilapidare le finanze per ottenere un risultato almeno sufficiente. Il flop di ieri è un segno tangibile: la creatività, il gusto, il senso artistico e culturale non sono presi in considerazione dalle istituzioni adranite, che sembrano rispecchiare fedelmente la stragrande maggioranza della cittadinanza.

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