Brindisi, 19/05/2012, ore 07:50: uno squarcio improvviso fende l’aria davanti l’istituto scolastico “Morvillo-Falcone” uccidendo Melissa Bassi, una ragazza di 16 anni che frequentava la scuola, e ferendo gravemente una sua amica, Veronica Capodieci (15 anni). 
L’esplosione è stata causata da tre bombole di gas tenute insieme da un innesco comune e collegate ad un timer (o addirittura ad un telecomando). Da ciò si deduce nitidamente che si tratta di un attentato, la cui natura sembra radicarsi nei meandri più oscuri dell’animo umano, in poche parole: una brutalità disumana.

Perché fare una strage davanti ad una scuola, simbolo dell’innocenza, del futuro, della speranza?
Perché estirpare dei boccioli senza dargli speranza di fiorire e dar voce alla loro esistenza?
Forse sembrano retoriche, ma sono le domande che più ho sentito vibrarmi dentro quando ho saputo della notizia: nessun pensiero su chi potesse essere il colpevole, la mafia, terroristi neri o rossi (o presunti tali), disperati antigovernativi ecc. 
Perché, in fondo, non penso sia la cosa più importante a cui pensare (ci pensano gli organi preposti, facendo il loro lavoro).
Perché in fin dei conti, quel che è successo dovrebbe spingerci a guardarci dentro per capire cosa dovremmo e possiamo fare per migliorare noi stessi, per riuscire a migliorare la società in cui viviamo ed evitare esasperazioni che alla fine conducono sempre allo stesso vicolo cieco.
Perché forse, in fondo, siamo tutti noi un po’ colpevoli: siamo noi, accecati da un egocentrismo dilagante, sempre pronti ad ergerci a giudici onniscienti e condannanti.
Siamo ancora noi, pronti a cavalcare l’onda emotiva e promuovere “manifestazioni pro forma” fini a se stesse, per far sentire una voce sorda, dalla pantagruelica retorica, che lascia il tempo che trova. 
Perché, in certi casi, un sentito e sincero silenzio si carica di significati, urlando tutta la rabbia per un attentato all’innocenza, ma evitando di scadere nel becero formalismo tipico di chi, probabilmente, la propria innocenza l’ha perduta per strada.
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