fonte: La Sicilia di oggi

Arrestato il 24 marzo 2009 per una rapina e quattro giorni dopo trovato impiccato nella cella 9 di piazza Lanza (clicca qui per leggere il nostro post del marzo 2009). Quella del 20enne incensurato di Biancavilla Carmelo Castro (foto a lato) sembra proprio destinata ad essere liquidata come un caso giudiziario da archiviare. Ma resta pur sempre una morte sospetta. Dopo due interpellanze parlamentari bipartisan (alle quali il ministro Alfano non ha risposto) e un’istanza giudiziaria affinché si svolgessero supplementi d’indagine, il gip Alfredo Gari, sciogliendo la riserva posta il 14 maggio scorso, dopo oltre tre mesi, ha dato il suo responso, disponendo l’archiviazione del caso, ritenendo che «le indagini preliminari siano state scrupolose ed esaustive» e non ravvisando a carico dei vari soggetti che a diverso titolo hanno avuto ruolo nella vicenda, nessun profilo di colpa. Il provvedimento ha lasciato l’amaro in bocca nella famiglia del giovane che tramite il legale di fiducia Vito Pirrone, aveva invece segnalato alcuni punti «misteriosi» su questa morte, punti che purtroppo la magistratura non avrebbe chiarito. Forse bisognava chiarire fino a che punto un detenuto in regime di «grandissima sorveglianza» come questo diciottenne, andasse sorvegliato (gli agenti di custodia l’hanno visto vivo per l’ultima volta verso le 9 e poi sono tornati nella sua cella alle 12,20, cioè oltre tre ore dopo, quando ormai era troppo tardi). C’è anche un non trascurabile particolare che è rimasto sotto silenzio: se è vero che le guardie sono andati da lui alle 12,20, è anche certo che qualcuno – ma chi? – gli ha portato da mangiare, dal momento che l’autopsia ha riscontrato nello stomaco del ragazzo parecchio cibo non digerito. E se non è stato il personale di Piazza Lanza a portargli da mangiare, allora certamente saranno stati altri detenuti, che comunque non sono stati identificati e ascoltati dal magistrato e che magari, essendo stati gli ultimi a vedere Carmelo, qualche notizia in più sul suo stato d’animo, avrebbero potuto darla.
Il giovane, al suo primo interrogatorio in caserma, subito dopo l’arresto (mentre sua madre, dal piano sotto lo sentiva piangere e gridare) aveva fatto i nomi dei correi. E per evitare ritorsioni, Carmelo era stato messo in isolamento. Egli stesso, forse per non fare brutti incontri, aveva rinunciato all’ora d’aria. Ma nessuno dei medici che lo hanno visitato in carcere ha mai notato in lui uno stato d’animo tale da preannuciare un suicidio. Infatti per l’avv. Pirrone suona strano che uno, prima d’uccidersi, mangi per intero un abbondante piatto di carne e patate.

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