La ragazza venne rinvenuta morta il 24 luglio del 2010 in una villetta alla periferia di Adrano. La morte fu archiviata come suicidio. Adesso gli inquirenti sospettano che ci sia dell’altro: un omicidio camuffato. Il padre a LiveSicilia: “Non avrebbe mai potuto compiere quel gesto”. 
La diciannovenne Valentina Salamone trovata morta impiccata il 24 luglio del 2010 in una villetta alla periferia di Adrano, non si è suicidata ma sarebbe stata uccisa. È l’ipotesi avanzata, dopo indagini eseguite da carabinieri del nucleo investigativo di Catania e del Ros di Messina, dall’avvocato generale etneo, Carmelo Scalia, e dal sostituto procuratore generale Sabrina Gambino. I due magistrati, rivela il quotidiano La Sicilia, hanno presentato una richiesta al gip Francesca Cercone per indagini suppletive, vista la scadenza dei termini, spiegando che «alla luce delle nuove acquisizioni può affermarsi che Valentina Salamone fu uccisa e chi pose in tale in essere tale delitto ebbe a simulare con notevole abilità il suicidio». Per questo sono stati chiesti al giudice per le indagini preliminari «ulteriori approfondimenti» per confermare ulteriormente la tesi dell’omicidio e individuare i colpevoli. L’avvocato dello Stato e la Procura generale di Catania avevano avocato l’inchiesta, come prassi, dopo l’opposizione posta dalla famiglia della vittima all’archiviazione chiesta al gip dalla Procura della Repubblica che aveva chiuso il caso come suicidio.

Valentina non me la potrà più restituire alcuna giustizia terrena: ma venire a capo della verità sarà quantomeno un atto d’amore nei confronti di mia figlia». Antonino Salamone, il papà di Valentina, non ha mai voluto credere alla tesi del suicidio. E non soltanto per un inevitabile istinto paterno. «Era assolutamente impossibile che mia figlia si fosse suicidata: ogni genitore conosce i propri figli e Valentina non avrebbe mai potuto compiere quel gesto. Ma, poi, c’erano dei fatti evidenti che portavano ad escluderlo categoricamente».
Il corpo di mia figlia venne rinvenuto al mattino ed io venni allertato addirittura quasi a sera. Me lo fecero trovare come un pacco postale. C’era la bara bianca e la corda ancora la collo in una scena che non cancellerò mai: le sue mani che tentavano di resistere alla stretta; le sue dita avevano provato ad evitare il soffocamento». Immediatamente dopo, non venne disposto alcun sequestro della casa per una eventuale ispezione ed in meno di ventiquattr’ore il caso era già stato chiuso e praticamente archiviato. Ma il supplemento d’indagine ed il successivo sopralluogo alla villetta eseguito dai carabinieri del nucleo investigativo di Catania e del Ros di Messina, hanno di fatto smontato l’approssimativa ipotesi di suicidio. «Mia figlia è stata ritrovata con i talloni insanguinati ed un grande ematoma al braccio. Lascio a lei ogni considerazione».
Adesso occorrerà scavare fino in fondo per risalire ai colpevoli dell’omicidio. Ma prima si dovranno fare inevitabilmente i conti con quel muro di omertà che da ormai oltre due anni si è edificato attorno a quello che più che un mistero è diventato una sorta di loggia a protezione di chissà chi. «Io e la mia famiglia abbiamo riacquistato fiducia nella giustizia – conclude Antonino Salamone -: ora spero di capire chi ha ucciso mia figlia»
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