Agnese Virgillito sul quotidiano La Sicilia (foto Video Star)

Gabriele Galvagno, il bimbo di sei anni in coma vegetativo dal 28 agosto scorso, non ce l’ha fatta. Appena ieri i genitori avevano lanciato un appello dalle pagine del nostro giornale per conoscere da quale malattia fosse affetto e nella speranza che venisse individuata la strada giusta per guarirlo.
Ieri, nel reparto di rianimazione dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania, il papà Giovanni si disperava. «Mio figlio è morto, non c’e più. A nulla sono valsi i nostri appelli per tentare di salvarlo. A nulla». Il cervello del piccolo si era già “spento” qualche settimana fa. Ora il suo cuore, sfiancato, ha smesso di battere. E di lui, così piccolo ed indifeso, non resta che il ricordo dolcissimo.
Poi, nella casa di Biancavilla è stato un via vai di persone che si sono strette attorno al papà Giovanni, alla mamma Fina e ai fratelli Domenico, Marcella, Maria ed Aurora. Oggi pomeriggio, alle 15, i funerali nella Chiesa San Salvatore.
Il calvario di Gabriele è iniziato lo scorso 25 gennaio quando, a causa di una sospetta crisi respiratoria, è passato da un letto di ospedale all’altro, tra Biancavilla e Catania, volando anche in elicottero verso Messina, al Policlinico dove è entrato in coma. Poi le grida al miracolo, ed ancora, la lenta guarigione, il ritorno all’asilo tra i compagni di scuola seppur sulla sedia a rotelle, ma a casa. Finalmente tra le braccia della sua mamma.
Ma dalla primavera all’estate, un’altra complicazione ai polmoni e, quindi, un nuovo ricovero. L’ennesimo ingresso in un ospedale: l’ultimo, al “Vittorio Emanuele” dove ieri si è spento dopo settimane e settimane di agonia.
Oggi della storia di Gabriele resta l’amaro in bocca. E’ stato “una persona invisibile” gravemente ammalato (per quasi nove mesi) ed il suo male a tutt’oggi resta sconosciuto. Non c’è alcuna diagnosi. Tra un ricovero e l’altro Gabrile, un bambino di soli sei anni, ha patito sofferenze continue restando appeso ad un filo tra la vita e la morte, senza che si conoscesse l’origine della terribile malattia che lo ha ucciso.
La speranza adesso è che la sua storia scuota le coscienze e che spinga a capire che cosa è successo. Ciascun bambino ha il diritto di crescere e diventare uomo. Gabriele amava le stelle e la luna e da grande diceva al suo inseparabile papà che voleva diventare un astronauta. Adesso è in cielo. «Ora mi spiego – dice il padre Giovanni Galvagno – perché ho scelto questo nome a mio figlio, quello di un angelo “eroe di Dio” ».
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