di Vittorio Fiorenza sul quotidiano La Sicilia

I faldoni con gli atti di indagine sono tutti sul tavolo del gup Luigi Barone, che dovrà decidere la sorte di 11 consiglieri della passata assemblea cittadina di Biancavilla, accusati di abuso d’ufficio, per la “gestione allegra” delle commissioni consiliari.
Acquisiti ormai tutti gli atti e sentiti gli avv. Anna Ingiulla, Vincenzo Nicolosi, Turi Liotta e Dino Privitera, rimangono da ascoltare, dopo l’ennesima udienza preliminare di venerdì, altri due legali, Guido Ziccone e Tommaso Tamburino. Decisione definitiva a fine aprile.
Sul piano istituzionale, la vicenda grava anche sull’attuale compagine. Tra gli imputati, infatti, spicca il nome di Giuseppe Sapienza (Pd), fresco di nomina assessoriale nella giunta del sindaco Giuseppe Glorioso, presentato all’Aula l’altro ieri sera, nonostante i “dubbi di opportunità etico-politica” di una parte del partito. Oltre a lui, pure i consiglieri Salvatore Giuffrida del Pd (attualmente unico consigliere presente in due commissioni), Mario Amato e Vincenzo Amato del Pdl, dati come possibili assessori in un turn over interno al Pdl.
Sugli 11 imputati, gravano oltre 950 pagine (più del doppio rispetto a quanto appreso inizialmente). Un elenco infinito e dettagliato con migliaia di episodi di presunte violazioni. Un’impietosa fotografia sulle presidenze delle commissioni, tra luglio 2004 e dicembre 2007. Irregolarità più gravi contestate? Quelle del conflitto di competenza: riunioni su riunioni con argomenti estranei ai compiti delle commissioni o rientranti in quelli della giunta.
Il risultato? Secondo l’accusa, sedute “bluff” e illegittime (nonostante gli avvertimenti e le dichiarazione dei capiarea) e indebito accumulo di gettoni di presenza. Il danno complessivo stimato è di 200 mila euro.
Un lavoraccio, quello compiuto dai Carabinieri di Paternò, dopo avere posto sotto sequestro tutti i registri dei verbali e avere sentito anche il personale dirigente del Comune. I militari erano stati incaricati dopo un esposto alla Procura, alla Corte dei Conti e alla Guardia di Finanza, scritto su carta intestata della segreteria comunale ma senza firma (mentre era in carica il sindaco Mario Cantarella), che chiedeva di approfondire certe “stranezze”.
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