GALLERIA FOTOGRAFICA

Visitare il castello di Adrano vuol dire fare un viaggio all’indietro nel tempo che non si ferma al secolo XI, quando venne edificato il maniero normanno. L’itinerario storico-culturale ci porta temporalmente molto più lontano. E questo è possibile perché all’interno della struttura normanna vi è un Museo regionale che è ricco di tesori archeologici. Un museo diretto da Nello Caruso, architetto ed esperto di beni culturali e di storia. Nei diversi piani del castello vi sono reperti archeologici che ci raccontano una storia plurimillenaria. Utensili, porzioni di vasi, strumenti in selce ed ossidania che risalgono al VII-V millennio a.C. (e che potete osservare nella nostra fotogallery), stiamo parlando di una fase della presenza dell’umanità che risale ad oltre 8 mila anni fa. Ovvero, siamo alle origini della civiltà in Sicilia che non a caso ebbe un suo significativo sviluppo nella fertile Valle del Simeto della quale i territori di Adrano fanno parte. Nel museo vi sono anche parecchi reperti archeologici della metà del II millenno a.C. che testimoniano l’evoluzione nella creazione di anfore, coppe ed altri oggetti da parte degli abitanti locali. Ed il ritrovamento di villaggi in molti dei territori vicini al fiume Simeto mostra come vi fosse una progressiva crescita civile nel corso dei millenni. Non a caso questi luoghi divennero centrali nel periodo greco ed in quello romano, le vere origini storiche del mondo che viviamo. Splendido lo spazio dedicato alla ceramica attica. Afferma la studiosa locale Chiara Longo: “Attraverso la ricostruzione della civiltà millenaria dei luoghi simetini possiamo meglio capire la storia dell’intera Sicilia”. E’ il periodo greco a rappresentare una delle vette culturali della storia di questi territori e dunque del museo adranita, dove vi sono anche altri reperti preziosi sul piano storico-culturale ed esteticamente pregevoli (si pensi al busto fittile femminile raffigurante Persefone) ed i significativi utensili ritrovati sempre nei luoghi della valle del Simeto dalla grattugia di bronzo alla lucerna, che risalgono alla fine del V secolo a.C. – inizi del IV. Molto interessante la visione di un elmo in bronzo di tipo calcidese. E non potevano mancare reperti dell’antica città “sicula” del Mendolito, capitelli e colonne in pietra lavica. Il sito di Mendolito si trova a circa 8 chilometri da Adrano, vicino al fiume Simeto. In questo luogo sono state trovate delle scritture anelleniche (non greche) segno di una civiltà indigena culturalmente autonoma ed avanzata. Nel castello vi sono anche reperti di epoca romana. E vi è uno spazio all’ultimo piano dedicato all’arte moderna. Una riflessione specifica merita il castello normanno, che così come quello di Paternò ha delle notevoli similitudini con i dongioni normanni in terra francese ed i castelli medievali dell’Inghilterra meridionale. Sono ancora più originali per l’uso della pietra lavica. E non solo. Spiega il direttore del Museo Nello Caruso: “In età normanna (XI e XII sec.) i dongioni hanno avuto un duplice compito: di controllo del territorio conquistato ma anche di elemento di coesione sociale, diversamente dal periodo svevo in cui, come scrive Cardini, ‘Il castello federiciano è un fattore di controllo centralistico, chiamato a egemonizzare un territorio ma proprio per questo a restarne estraneo’.” Caruso aggiunge: “Il dongione di Adrano è formato da due organismi a loro modo distinti: l’uno riferito alla struttura prettamente normanna dell’XI secolo, possente parallelepipedo di pianta rettangolare, l’altro da una cinta bastionata – con rinforzo di torri angolari – che circonda il dongione, da considerare come il risultato di addizioni realizzate a partire dalla seconda metà del XV secolo”. Da ammirare anche la cappella di epoca medievale situata al secondo piano del castello con la parte absidata che è stata ricavata nello spessore murario della parete di levante. Caruso chiosa: “Essa è riccamente ornata da costoloni modanati a crociera, posti su pilastri a sezione semicircolare, da capitelli e da chiave scultoria agli incroci. Questi elementi definiscono uno spazio che rimanda all’architettura sveva, per cui sono da ritenere sicuramente frutto di addizioni posteriori. La nicchia presenta una finestra-feritoia orientata ‘ad solem orientem’ e un sovrastante catino con la rappresentazione del Cristo Pantocrator”. Suggestiva è anche la visione delle mura di ronda al piano superiore, luogo essenziale per i soldati per controllare il territorio.

***

Salvo Fallica via repubblica.it