Sonia Distefano sul quotidiano La Sicilia

Confcommercio attacca l’Acoset. «Deve dirci se è potabile». Replica Fatuzzo: «E’ l’Asp che ha emesso le diffide»

La vicenda “vanadio” non è ancora conclusa, anzi la discussione sulla qualità dell’acqua dell’Etna sembra allargarsi, non si capisce bene se in risultati concreti, eccessivi timori, chiacchiere o “questioni politiche”, ma sicuramente in diffide, trasformando in utopia l’approccio multidisciplinare alla materia, che era stato auspicato il 5 giugno scorso in un convegno organizzato dal Parco dell’Etna dove, illustrata la ricerca sull’incidenza del tumore tiroideo nelle zone etnee, emerse il problema relativo alla qualità delle acque del nostro vulcano.
Sull’argomento sembrano susseguirsi invece solo atti d’ufficio, tra ordinanze sindacali, deroga regionale e diffide da parte degli ispettori dell’Asp agli esercenti di beni alimentari.
Adesso sulla questione Confcommercio scende in campo girando l’azione legale all’azienda erogatrice del servizio di approvvigionamento idrico. La notizia si è avuta ieri nel corso di una conferenza stampa dove si è parlato di una diffida all’Acoset già inviata il giorno prima. «Vogliamo chiarezza», questa la richiesta del presidente di Confcommercio Sicilia, Pietro Agen, che ha parlato di smarrimento degli esercenti e rischio di cessata attività. Le visite dell’Asp sono state registrate soprattutto a Bronte (58 è il numero emerso da Confcommercio), poi Belpasso, Nicolosi e qualche caso inizia a contarlo anche Mascalucia. Tutto ancora senza certezze e in attesa dei risultati che dicano quali sono adesso i valori dei minerali presenti nell’acqua delle gallerie Ciapparazzo e che consentano ai sindaci di revocare l’ordinanza. «I nostri imprenditori usufruiscono del servizio di un acquedotto pubblico – continua Agen – e sono diffidati perché utilizzano un’acqua che non corrisponde ai requisiti di legge, ma che pagano regolarmente come se fosse acqua potabile».
Secondo Agen, l’aspetto più grave sarebbe che «le diffide piovono sull’utilizzo di un’acqua che non sembrerebbe pericolosa e che può essere utilizzata invece nelle case. Oggi abbiamo dimostrato con pareri scientifici – ha continuato Agen chiamando in causa il prof. Salvatore Sciacca (leggi sotto) dell’Istituto di Igiene dell’Università di Catania che ha inviato un documento a sua firma – che l’acqua in questione non è assolutamente pericolosa, anzi alcuni elementi, come il manganese, farebbero bene». Ma sul vanadio, invece, lo stesso Agen conferma che «non si sa né se fa bene, né se fa male».
Contraddizione che non elimina il dubbio e la lecita domanda: «L’acqua è potabile o no?». Per cercare di chiarire la questione in conferenza stampa, alla quale erano presenti anche il vice direttore di Confcommercio Catania Giuseppe Cusumano, il presidente regionale della Fipe, Dario Pistorio e il prof. Roberto Fallico dell’Istituto d’Igiene dell’Università di Catania, è intervenuto a sorpresa il presidente dell’Acoset, Fabio Fatuzzo. «Non tutti i paesi sono serviti da noi», ha risposto il presidente Fatuzzo, che sull’azione legale ha precisato: «Non è Acoset che ha emesso le diffide, ma l’Asp. Ho chiesto un incontro con il prefetto. Giovedì sarò all’assessorato regionale alla Sanità per avviare un’azione per rivedere vanadio e manganese. Mi sono già rivolto alla Protezione civile per avere l’abbattimento delle sostanze, anche se si parla di milioni di euro».

La questione vanadio, che riguarda 230mila utenti Acoset, forniti dalle gallerie Ciapparazzo con 680 litri d’acqua al secondo, è stata pubblicamente ripresa dal prof. Salvatore Sciacca, direttore Dipartimento Igiene Facoltà di Medicina Università di Catania, a Belpasso, nel corso di una tavola rotonda volta a promuovere il territorio, le sue risorse e quindi i suoi prodotti, tra cui anche le acque dell’Etna.
Sciacca ha esordito garantendo la qualità delle acque del vulcano. «Adesso il problema non è il vanadio. Sotto le lenti di ingrandimento è tutta l’acqua dell’Etna che contiene questi metalli pesanti, tra cui il manganese che è un attivatore enzimatico essenziale nell’organismo, e anche il ferro – spiega Sciacca – perché il ferro faccia male ci vogliono concentrazioni di 5 grammi/litro nell’acqua e noi abbiamo al massimo concentrazioni di 600 milligrammi in alcune acque, che, fra l’altro, non vengono nemmeno utilizzate».
Secondo Sciacca «la causa del tumore alla tiroide non è l’acqua, perché a Messina – dove l’incidenza è minore rispetto a Catania – il 90% della popolazione beve acqua dell’Etna. L’acqua di Fiumefreddo». Ma gli studi condotti finora, almeno in Sicilia, non spiegano ancora quali sono gli agenti cancerogeni e le ricerche non sembrerebbero essere ancora arrivate all’approccio scientifico che presuppone e richiede l’individuazione di rapporti di causa ed effetto.
Tutto, dunque, dalla scorsa estate quando pubblicammo i dati delle alte concentrazioni dei minerali della fonte Ciapparazzo, sembrerebbe invariato. Così dal 1978 – quando il ministero della Sanità ordinò un esame epistemologico e iniziò ad emergere il problema “vanadio” con gli studi condotti dall’Istituto di Igiene e medicina preventiva di Catania, avviati tra il ’94 ed il ’95 – al 2004 e 2005 quando l’Istituto superiore di Sanità emise l’esame tossicologico sull’acqua etnea, si arriva all’autorizzazione dell’ultima deroga della Regione Sicilia di qualche mese fa, concessa a patto che il dipartimento di Igiene di Catania continui gli studi. Adesso, davanti al riproporsi del problema e alla ricerca di chiarezza, lo stesso Sciacca dichiara che la ricerca «sta continuando», anche se «purtroppo non ci sono novità. La ricerca consiste ancora nella misura del tumore agli altri apparati. Altri cluster non ce n’è. A me hanno dato il peso di tutta questa vicenda senza incarichi ufficiali. La ricerca prosegue senza nessun finanziamento, ma con i soldi del dipartimento».

—-> http://obbiettivo-adrano.blogspot.com/