E’ un momento di tensione massima per la malavita di Biancavilla. A quasi un anno dall’agguato fallito a Pippo l’Avvocato a creare movimenti tellurici sono i carabinieri di Paternò che hanno in pochi mesi scoperto e fermato due casi di estorsione legati a stretto giro ai gruppi provenienti dalla compagine santapaoliana di Biancavilla. Una battaglia contro il clan Toscano Mazzaglia Tomasello che questa volta ha un alleato in più, un giovane imprenditore che ha deciso di alzare la testa. A Biancavilla questo, purtroppo, fa ancora notizia. Perché, è inutile nasconderci, la coltre di omertà è fitta e a tratti impenetrabile.

L’indagine Onda D’Urto, tenuta nel massimo riserbo per giorni dai carabinieri e resa nota solo dopo le udienze di convalida dei fermi e l’emissione da parte del Gip delle ordinanze di custodia cautelare in carcere, ha assestato un duro colpo al gruppo criminale che affonda la sua forza criminale nel racket delle estorsioni. Ma anche dalla droga e delle armi, come dimostrano numerose altre inchieste della Dda.

Questa operazione potrebbe essere partita, oltre che dai racconti del coraggioso imprenditore, anche da diversi elementi investigativi venuti fuori dall’inchiesta scattata a seguito dell’agguato fallito a Giuseppe Amoroso, quel Pippo l’Avvocato poi arrestato in flagranza per estorsione e finito anche nell’elenco dei dodici destinatari dell’ordinanza Onda D’Urto. Perché pare che nonostante in carcere ci fosse anche lui nell’organizzazione criminale che avrebbe intascato il pizzo pagato dal titolare della ditta di onoranze funebri. E l’esattore sarebbe il figlio “dell’avvocato”, Fabio. Il 23enne incensurato è stato arrestato con le mani nel sacco. Era il 5 dicembre scorso.

I guai criminali per gli Amoroso quindi si allargano anche alla nuova generazione. Dopo i fratelli Giuseppe e Vito Amoroso, anche il giovane Fabio (figlio di Pippo e nipote di Vito) finisce in gattabuia.

Torniamo all’agguato fallito. Giuseppe Amoroso è stato bersaglio di alcuni sicari. O forse era un semplice avvertimento. Per tre mesi Biancavilla era tornata nell’incubo del far west, con pallottole vaganti in pieno giorno. Giuseppe Mancari, detto Pippu U Pipi, rientrato da pochi mesi in Sicilia per problemi personali è stato un anno fa, novembre 2015 per l’esattezza, vittima di un tentato omicidio. Il nome di “Pipi” porta ancora una volta al clan Toscano-Mazzaglia-Tomasello. C’è chi pensa che Mancari forse stava ricompattando le fila della consorteria mafiosa decapitata a colpi di pallottole. La scia di sangue è iniziata nel 2010 con l’omicidio di Giuseppe Mazzaglia (Fifiddu), continuata con i colpi che hanno crivellato l’uomo di fiducia di “fifiddu”, Roberto Ciadamidaro, assassinato il 23 dicembre 2012 e terminata con l’assassinio di Alfredo Maglia, Nicola Gioco e Agatino Bivona tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014.

Alfredo Maglia, una delle vittime che dal 2012 avrebbe preso le redini del clan Mazzaglia, ha lo stesso cognome di uno degli arrestati del blitz Onda D’Urto. Roberto Maglia, 29 anni, sarebbe inserito nel sistema criminale che aveva nella carta delle estorsioni il giovane imprenditore che ha denunciato.

Tra gli arrestati del blitz c’è anche Massimo Merlo, il presunto killer di Maurizio Maccarrone. Questa volta però il cognome porta anche agli Scalisi di Adrano, referenti dei Laudani, almeno secondo quanto emerge dall’indagine della polizia sul delitto. Ma potrebbero esserci movimenti negli equilibri mafiosi che al momento sono rimasti chiusi nei fascicoli della Procura.

I Merlo, Maglia e Amoroso. Questi i cognomi di “peso criminale” dell’inchiesta che ha creato pesanti fibrillazioni all’interno delle consorterie mafiose del triangolo della morte, che negli ultimi mesi hanno registrato pesanti defezioni. Molti hanno deciso di fare il salto del fosso e collaborare con la magistratura.

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– Fonte: Laura Distefano via livesicilia.it