Improvvisamente riscoprirsi “vicini”. E’ questo che sta accadendo, come era stato previsto, alle diverse anime del Pdl in Sicilia. Ieri è sembrata la giornata dell’ufficialità.
Ha iniziato il coordinatore regionale del partito, Castiglione che, durante un’intervista a Tgs, ha ribadito che “con Micciché ci sarà un’intesa, è una risorsa per noi. Le frizioni fannno parte della normale dialettica”.
Ha poi proseguito Misuraca. I cinque componenti del Pdl Sicilia vicini al parlamentare nazionale del Pdl hanno deciso di non sostenere la nuova giunta regionale che il governatore Raffaele Lombardo si accinge a varare. Decisione presa a conclusione di una riunione convocata per esaminare la situazione politica siciliana alla luce delle recenti dichiarazioni del presidente della Regione. “Lo scenario politico regionale – si legge in una nota – non appare ancora chiaro. Restano, infatti, troppe incognite. Pertanto, in assenza di chiarezza sul programma e sulla struttura del governo, resteremo fuori da questo esecutivo”. “Lombardo – prosegue la nota – ha dichiarato che la futura giunta sarà composta metà da tecnici e metà da politici. L’impressione è che il presidente stia giocando una partita con troppe carte coperte. A queste condizioni ribadiamo che non faremo parte di questo governo. Altra cosa sarebbe un governo delle opportunità, nel pieno rispetto delle prerogative del Parlamento, all’insegna della chiarezza per avviare una stagione di riforme strutturali indispensabili per il rilancio economico e sociale della Sicilia”.
Infine Miccichè. Il sottosegretario ha riunito a cena i sei deputati a lui vicini. E per la prima volta ha programmato la sua stagione all’opposizione. Ha illustrato il progetto che parte subito da un gruppo autonomo all’Ars e si evolverà nel Partito del popolo siciliano, movimento autonomo ma alleato del Pdl berlusconiano. Sarà la pista su cui far decollare la sua candidatura a Palazzo d’Orleans, su cui ha già ottenuto il consenso dei fedelissimi. Scontato quello della capogruppo Giulia Adamo e degli assessori uscenti, Michele Cimino e Titti Bufardeci. Poi è arrivato quello di Toni Scilla, Giovanni Greco e Franco Mineo.
La prima mossa è quasi un’esigenza, soprattutto se i finiani confermeranno l’alleanza con Lombardo: «Siamo pronti a formare un gruppo autonomo all’Ars – ha ammesso la Adamo – abbiamo già pianificato tutte le mosse. E nei prossimi giorni le esporremo anche a Berlusconi». Un incontro sarebbe in agenda per la prossima settimana. Il piano lo descrive l’assessore all’Economia, Michele Cimino: «Creeremo il Partito del popolo siciliano, chiameremo subito a raccolta i sindaci e gli amministratori che ci hanno sostenuto fino a ora. Nel frattempo ognuno di noi coinvolgerà anche la base sul proprio territorio». L’obiettivo finale è scontato per i fedelissimi di Miccichè: «Sì, puntiamo a Palazzo d’Orleans» ha ammesso Cimino. Una mossa che passa da un piano di alleanze: «Io non sono affatto sicuro che i finiani alla fine scelgano Lombardo e il Pd – ha calcolato Cimino -. Il nostro progetto, in ogni caso, è in alleanza col Pdl di Berlusconi e non si sposterà mai a sinistra. L’obiettivo è sempre quello di mettere insieme un movimento meridionalista che coinvolga anche altre regioni. Così bilanceremmo il peso sempre crescente della Lega». È su questo che i miccicheiani chiederanno a Berlusconi il via libera. Malgrado sul progetto ci sia già il no dei lealisti siciliani e dei big romani, preoccupati che l’idea possa creare uno spirito di emulazione che porti allo spezzatino del partito, per dirla con le parole di Carlo Vizzini. Lo stesso senatore azzurro si è chiesto provocatoriamente «se alle Politiche questo partito andrebbe da solo o se i suoi membri chiederanno di entrare nelle liste del Pdl». Altro punto in questione è la composizione del coordinamento regionale e dei coordinamenti provinciali.
IL NUOVO PARTITO – «Domani battezziamo il gruppo autonomo in Consiglio regionale», ha dichiarato, Micchiché nell’intervista, anticipando che a seguirlo nella nuova avventura sono «sei deputati regionali sicuri e stanno per diventare di più». Micciché si dice convinto che la nuova formazione alle prossime elezioni in Sicilia può «prendere il 20%: metà dell’elettorato Pdl, che era al 40». Micciché spiega di essere «più berlusconiano di Berlusconi: non lo tradirò mai». «Sto facendo un favore a Berlusconi e alla Lega», sostiene, spiegando che il suo progetto punta a far nascere «il vero partito del Sud», in modo da «levare a Fini e Casini la possibilità di pescare nel Mezzogiorno». Quanto al nuovo governo siciliano al quale sta lavorando Lombardo, Micciché dice: «Io col Pd né ora né mai». E ancora: «Lombardo probabilmente resterà fuori dalle inchieste giudiziarie, ma attorno a lui molti saranno coinvolti. A quel punto, Bersani che dirà?».
«NON LASCIO PER LA RUSSA» – Dopo l’uscita dell’intervista, Micciché ha affidato alle pagine del suo blog «Sud» due commenti per chiarire alcuni passaggi della sua intervista al Corriere. «L’intervista al Corriere, pur essendo corretta, mette insieme due frasi, entrambe vere, ma non una conseguenza dell’altra: lascio il PdL per dedicarmi interamente alla Sicilia e al Sud e non perché il partito è in mano al ministro La Russa». «Non chiederò a nessuno di uscire dai gruppi del Pdl di Camera e Senato – spiega Micciché -, Berlusconi non ha assolutamente nulla di cui trattare con me, non ha neanche bisogno di chiedermelo, perché sa che la mia posizione è del tutto diversa da quella di chi ha fatto altre scelte, sa – aggiunge – che sono più berlusconiano di lui. In Parlamento noi siamo nel Pdl e ci restiamo. In Sicilia facciamo il partito del popolo siciliano, perché convinti che sia la strada giusta per quella rivoluzione siciliana che non si è ancora compiuta, anzi non è nemmeno cominciata. Facciamo il partito – conclude- solo nell’interesse del popolo siciliano».
CICCHITTO: NON E’ IL MOMENTO – Pollice verso del capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, all’iniziativa di Micciché. «Non credo che sia questo il momento di iniziative locali e parcellizzate – ha detto Cicchitto -. Micciché ha dato molto politicamente a Forza Italia, può dare ancora molto ancora al Pdl. Casomai il problema nostro è di aprirci al confronto con i moderati e con i riformisti che esistono anche al di fuori del centrodestra, più che parcellizzare e localizzare delle vicende che hanno uno spessore politico e culturale maggiore».