La politica da Roma a Palermo

L’editorialie di Domenico Tempio sul quotidiano la Sicilia fotografa la situazione politica italiana e siciliana
La politica italiana e, con essa, quella siciliana, sono implose. I cari nostri parolai possono dire quello che vogliono ma la realtà è questa. Anche noi vogliamo essere sinceri: abbiamo capito ben poco di quello che sta succedendo. E pensiamo, forse a torto, che neanche gli elettori abbiano un’opinione ben chiara su dove va la politica. Ciò perché sono per primi gli stessi «manovratori» (sarebbe nobile chiamarli politici) a non sapere quali mete intendono raggiungere. Certamente sanno una cosa e spudoratamente la fanno capire: distruggere compagni, avversari, nemici. In quanto a progetti solo parole. Roboanti. Come la solita frase, che ormai è uno slogan: «Faremo le riforme».
Ma quali riforme potranno mettere in cantiere se ormai c’è il tutti contro tutti? E’ solo una presa in giro. Se Fini a Roma si stacca da Berlusconi tra insulti e veleni, Miccichè a Palermo non vuole più avere a che fare col «fascista» La Russa. Se Veltroni a Roma accusa Bersani di non avere la bussola, a Palermo ex democristiani ed ex comunisti litigano tra loro sulla decisione di appoggiare o meno il governo Lombardo. Persino Casini ha i suoi casini. L’Udc sembrava l’unico partito piccolo sì, ma solido e invece si sta sfaldando, specie in Sicilia. Di Pietro e la Lega gongolano. Come corvi sono pronti a beccare quel che resta da questa battaglia.
E Lombardo? In questo mare in tempesta anche lui cerca di far galleggiare l’incerta barca governativa. Fa sbarcare prima i pdiellini e trattiene la ciurma di Miccichè, poi molla anche questa, o meglio viene mollato, e fa salire a bordo parte dei democratici, qualche uddicino e l’unico rutelliano. Con il governo «forza 4», sia come numero di successione nei due anni di legislatura sia perché deve sempre affrontare la mareggiata, confida nel sol dell’avvenire. Quel sole che non appartiene più neanche ai comunisti. Le speranze, purtroppo, così come vanno le cose, tramontano prima dell’alba. C’è poco da aspettare il sorgere del sole.
E noi? In questa incredibile confusione, cosa aspettiamo? In cosa speriamo? Prima di tornare a sperare dobbiamo capire cosa stia veramente accadendo in questo falso mondo della politica. Non basta più l’ottimismo che il Cavaliere Berlusconi sparge a piene mani. Come ha fatto ieri a Taormina. Ci vuole altro per credere e sperare. Alzi la mano chi è sicuro del futuro. Il nostro innato ottimismo ci spinge ad alzarla. Ma, forse, è meglio aspettare. Sperando che nel frattempo l’economia non continui a rotolare giù, facendo bruciare la casa. La casa di noi italiani.
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