“Vieni via con me” di Fazio e Saviano ha contagiato anche Palazzo d’Orleans. Lo avranno pensato in tanti, fra la cinquantina di cronisti, fotografi e cameramen presenti alla conferenza stampa indetta dal governatore Raffaele Lombardo.
Il presidente si è presentato lì con quel malloppo bianco, fitto d’inchiostro. Da paura. Persino per gli assessori regionali, schierati in blocco sulle sedie alla sinistra del governatore. Qualcuno di loro ha appoggiato fin dall’inizio il mento sul palmo della mano. Indiscutibile segno di rassegnazione.
Leggerà anche lui una lista? E se sì, di che? Il dubbio è serpeggiato per qualche minuto, giusto il tempo di posizionare microfoni e mettere a fuoco le immagini. Poi Lombardo ha dato la stura alla conferenza-fiume. E il dubbio è crollato.
Nessun “savianeggiamento”, solo una conferenza stampa. Anomala, per la verità. Lunga.
Tra i giornalisti, presenti quasi tutte le testate importanti d’Italia. Dal Corriere della Sera al Tempo, dal Tg1 a Mediaset, dal Giornale di Sicilia alla Sicilia, da Repubblica alla Gazzetta del Sud. Tutte le emittenti televisive regionali. Ma anche tante riviste, settimanali, mensili, quotidiani on line. Tutte le agenzie di stampa.
E così, fra uno sbadiglio ben nascosto dell’assessore alla Sanità Massimo Russo e la tazzina di caffè del presidente Lombardo, la conferenza stampa è andata avanti.
Per due ore e dieci minuti. Alla destra del presidente, qualcuno dei suoi fedelissimi – Musotto, Pistorio, Lo Monte – ha anche osato sbuffare. Di fronte, dai parlamentari amici, Giulia Adamo in testa invece, nessun segno di impazienza.
Ecco come Lombardo ha risposto (in parte) alle accuse che ormai da mesi gli vengono rivolte.
«Non ho mai preso soldi dalla mafia per finanziare una campagna elettorale. La mafia i soldi li prende, non li dà. Si vuole far cadere il governo regionale – attacca il governatore siciliano – si vuole punire l’Mpa, che non è alleato con il premier. Si vuole fare prevalere la parte politica a me avversa».
PROCESSO MEDIATICO – «In questa inchiesta ci sono capi di Cosa Nostra, loro adepti, c’è di tutto – dichiara Lombardo – ma il condannato è il presidente della Regione. Non c’è stata nessuna sentenza definitiva, la pubblica accusa ha detto che non c’è nessuna iniziativa processuale rispetto a intercettazioni, chiacchiere, persone che chiacchierano. Questa sentenza non la emette la Cassazione, né la Corte di appello, né la pubblica accusa, e però c’è un’informativa di polizia giudiziaria sulla cui base inizia un processo mediatico, su cui si impegnano i giornali e i mezzi di comunicazione, come il Tg1 che mi ha dedicato cinque servizi in 10 giorni, o i settimanali».
MATRICE POLITICA – «Ho chiesto alla Procura di Catania più volte di essere sentito – ha affermato Lombardo – ho rinnovato nei giorni scorsi questa istanza non per essere sentito, ma per essere interrogato e rispondere anche se sono consapevole che questo avrebbe comportato un avviso di garanzia. Mi si è scritto che non era il momento, per cui ci si incontra oggi. In verità la Procura a proposito di questa vicenda si è espressa più volte, con documenti che sono nella disponibilità di tutti. Lo ha fatto il 29 marzo scorso allorché si lesse di questa indagine e nella nota ha affermato che “la propalazione di queste notizie ha quasi sempre una matrice politica, pubblicazione determinata da interesse e contrapposizioni di natura politica”».