Pubblichiamo un ottimo scritto del prof. Francesco Branchina, il quale, soffermandosi con sagacia sul tema della famiglia e su quello della criminalità, chiarisce come sia ancora possibile una rinascita per la comunità Adranita, producendo un impegno comune nell’innalzare l’antico valore della famiglia, epicentro unico dell’etica e della morale per ciascuno di noi, che da solo può essere il baluardo per combattere il cancro della criminalità che tormenta sempre di più la nostra generazione.
Siamo consapevoli che la criminalità rappresenta il peggiore dei mali e così di fatto è. Questo non è però l’unico dramma della nostra società. Ve n’è uno che, credo, gli sia superiore e che trascina con sé tutti gli altri. È l’assenza di Etica. L’Etica dovrebbe essere paragonata ad un faro che proietta la sua immutabile luce, guida per tutti i viandanti che si conducono in una notte senza luna, evitando che si smarriscano. Senza la luce guida, la quale, ribadiamolo, non cambia nel tempo ma è sempre uguale a se stessa, si brancolerebbe nel buio; le tenebre allora genererebbero terrore, il terrore la follia, la follia gesti inconsulti. Per la prima volta, dunque, nella storia del genere umano, siamo di fronte alla trasvalutazione dei valori, allo stravolgimento di principi etici che il genere umano mai aveva messo in discussione.
La famiglia cessa, per la prima volta nella storia del genere umano, di essere quel monolite che, dalla apparizione dell’uomo sulla terra, è sempre stato. Nessuno aveva mai pensato che questa potesse essere diversa da quella che la natura aveva spontaneamente predisposto. Un padre, una madre, dei figli. Che il padre, diversamente da quanto suggeriva un vecchio detto, che imponeva ch’Egli baciasse i figli quando dormivano, sia oggi diventato più amorevole e non abbia timore di apparire più
frivolo rivelando i propri sentimenti, ci può anche stare, anzi è forse un progresso; ma che, in una moderna famiglia, egli scompaia del tutto, soppiantato da uno pseudo-padre di genere femminile, ciò è abominevole. Che un bambino cresca nel vedere padre e madre scambiarsi effusioni affettuose, che condivide con loro, è nell’ordine delle cose; che si voglia far crescere un bambino in un luogo, che non possiamo definire famiglia, dove a scambiarsi tali effusioni siano due uomini o due donne, questo è il peggiore dei crimini. Tale “crimine” diventerà l’obbiettivo prossimo di una politica avvelenata da tale morbo, che si è palesato solo a coloro che sanno leggere tra le righe. Riferimenti vaghi sono stati lanciati da certi politici, coinvolti direttamente nel perseguimento di tali obbiettivi.
Tutte le società, in tutti i tempi, sono state caratterizzate dalla criminalità tradizionalmente intesa e, tuttavia, nella consapevolezza di non poterla cancellare, hanno sempre trovato i meccanismi per contenerla. Se ci fai caso, guardando indietro nel tempo, notiamo che essa ha delle recrudescenze e poi si arresta; basti citare il fenomeno del banditismo del dopoguerra, il più recente terrorismo e, tanto per restare nella nostra città, gli omicidi che, negli anni settanta/ottanta, erano all’ordine del giorno. Eppure allora, sia nella nostra città che nel governo nazionale, c’erano politici e statisti che, di certo, oscuravano quelli odierni per acume e virtù. La criminalità segue dei meccanismi di crescita e decrescita di cui sarebbe semplicistico attribuire la causa alla sola politica. Potrebbero contribuire al suo sviluppo lo sfascio della famiglia, con la perdita di autorità del genitore, la scomparsa della pietas come valore religioso, la disabitudine al sacrificio come mezzo di conquista, che rendeva la conquista stessa più appagante e solida; si potrebbe continuare ancora per molto nell’elencare i motivi per cui la criminalità attecchisce meglio in una società opulenta quale è quella del nostro secolo.
Non v’è dubbio che una buona politica, per evitare l’insorgenza della criminalità, potrebbe mettere in atto una serie di attività che facciano da deterrenza e nello stesso tempo da prevenzione, per giungere infine, come ultima ratio, alla dura repressione. Io personalmente credo che questi siano gli unici strumenti di cui la politica si possa servire. La prevenzione la si attua con l’ausilio di attività pubbliche di acculturamento; infatti in molti casi si delinque per ignoranza: io credo che molti, messi di fronte ad una scelta, sceglierebbero la legalità. La deterrenza si attua attraverso il presidio del territorio da parte di organi di polizia e/o attraverso l’installazione di telecamere. Tuttavia, poiché aderisco alla teoria dell’innatismo, credo che vi siano individui che hanno come vocazione il recare danno ad altri, anche se non sempre ciò ritorna loro utile o abbiano come fine l’utile. Nei confronti di costoro la repressione da parte delle autorità rappresenta l’unica possibilità. Ma, perché ciò funzioni, l’Autorità deve essere autorevole, credibile, severa; caratteristiche che solo la politica può conferirle, legiferando in tal senso.
La criminalità, come tutti i virus, ha il suo brodo di coltura: essa si insinua là dove individua delle debolezze, avanza se noi indietreggiamo, tende ad impossessarsi del territorio, inteso anche come spazio fisico.
Vedo la nostra città, oltre che abbrutita, imbruttita. Passeggiando nella nostra città, a volte, uscendo per un attimo fuori dal corpo, cerco di guardare il suo splendido centro, reso imponente da quel simbolo di forza che è il Nostro Castello, secondo il punto di vista e lo stato emotivo di un viaggiatore scandinavo. Credo che, superato l’ammirato stupore per tale meraviglia architettonica, che trasuda la forza dell’antica stirpe adranita, rimarrebbe poi sbigottito nel vedere gruppetti di soli uomini che sembrano intenti ad imbastire chissà quali congiure e poi altri gruppetti, sempre di soli uomini, che sembrano ritenersi il sale del mondo; sicché se ne tornerebbe a Oslo o Stoccolma nella convinzione che Adrano sia una città di soli uomini. Pertanto, cittadini di Adrano: non lasciamo questi spazi ai soli politicanti o a coloro che tessono intrighi, i quali, certamente non belli da vedere o da sentire, non costituiscono un deterrente per l’avanzata di quel vuoto di valori e di senso estetico in cui attecchisce la criminalità; non regaliamo loro questo territorio. Sappi che a volte il solo “esserci” può dare i suoi frutti: l’esserci fa parte di quella tecnica della deterrenza di cui sopra, poiché là dove c’è il bello il brutto rifugge, là dove c’è il bene il male rifugge.