LE PRIMARIE– Ma non è finita qui. Un’altra ragione dietro la fuga da Futuro e Libertà sono le primarie nel 2013. Non sarà quindi Silvio Berlusconi il candidato premier, ma qualcuno eletto dalla “pancia” del partito. Uno strumento, quello delle primarie, «di rinnovamento e di partecipazione popolare», grazie al quale potrebbero aprirsi «nuovi scenari per il centrodestra italiano». In ogni caso i tre intendono « lavorare, in piena autonomia e senza vincoli di partito, per costruire la nuova casa dei moderati».
LE REAZIONI– E se Angelino Alfano plaude la scelta («bene l’uscita dei tre, ora una riunione tra i moderati»), è scettico Italo Bocchino, vicepresidente di Fli. «È una non notizia essendosi posti da tempo fuori dal partito. La notizia, semmai, sarebbe stata la loro volontà di lavorare per Fli». Per Maurizio Gasparri, invece, «La scelta di Ronchi, Urso e Scalia è un dato politico molto rilevante e apprezzabile. È una scelta politica di convisione, non hanno alcun tornaconto, vedremo come vorranno declinarla. È l’ennesima prova della crisi di un non progetto». Per Della Vedova, capogruppo Fli alla Camera, «Urso, Scalia e Ronchi, come più volte preannunciato, hanno ritenuto di tornare sotto l’ala protettrice di Berlusconi. Era ormai scontato. Giustificare questa marcia indietro come un riconoscimento del passo in avanti del Pdl è pretestuoso. Fli ha riconosciuto nella nomina di Alfano a segretario un’ipotesi di novità. Ma il fatto che Berlusconi sia stato obbligato dalla crisi di consenso e legittimazione a mollare formalmente la guida del partito, non significa che abbia per questo mollato il bastone del comando, né rinunciato ad usarlo nei modi cui ci ha abituati. Questo abbandono, che mi amareggia e di cui certo non mi rallegro, rappresenta un definitivo elemento di chiarezza Fli non è una riserva berlusconiana, ma un progetto difficile proprio perchè ambizioso. Con il Terzo Polo costruiamo una proposta moderata e riformatrice, non compromessa con la sinistra, ma non subalterna e servile ad un governo che sta affossando la credibilità dell’Italia sulla scena e sui mercati internazionali».