Pubblichiamo qui di seguito un ottimo commento del Prof. Francesco Branchina il quale, soffermandosi sulla attuale situazione politico-gestionale della Nostra città, disegna, quasi come un pittore raffigurante la realtà che lo circonda, un corretto collegamento spazio-temporale con le epoche passate, illustrando le diverse soluzioni che i saggi di un tempo riuscivano a proporre, al fine di risolvere facilmente contrasti e difficoltà che oggi sembrano invece insormontabili.
Una dimostrazione ciclica di come i problemi di oggi si siano ripetuti sempre e sistematicamente in ogni epoca conosciuta dall’uomo, ma che il contesto politico-burocratico attuale ha notevolmente ingigantito.
Il Prof. Branchina, invece, propone soluzioni semplici ed immediate ma mai banali, che potrebbero fungere da volano per il rilancio della nostra città.
“… Evidenziare le lacune dell’attuale gestione politica sarebbe gioco facile, ancor di più attribuire le responsabilità. Allora bisognerebbe buttarsi alle spalle tutto ciò che rappresenta il modo di far politica degli ultimi decenni che, paradossalmente rappresentato da quel tanto evocato “nuovo”, è impersonato da gente “senza rughe”. Al “nuovo” bisognerebbe sostituire altri aggettivi: “capace”, “lungimirante”, “decisionista”, attributi che, a prescindere dall’età cronologica di chi ha la fortuna di possederli, costituiscono componenti caratteriali innate. Una componente facilmente individuabile nel candidato, per evitare di commettere l’errore di scegliere le persone sbagliate, potrebbe essere quella di diffidare di chiunque si proponga auto-referenziandosi, poiché non si capisce come un uomo che deve mettersi sulle spalle le tante preoccupazioni cui deve andare incontro chi è chiamato a risolvere i problemi di una comunità, possa sgomitare per ottenerle. A meno che costui ritenga il ruolo cui aspira atto non tanto a preoccuparsi del buon funzionamento della comunità, quanto del modo per migliorare il proprio status. Questo fu l’obiettivo che animò uomini come Gerone, Dionigi, Agatocle i quali, attraverso beghe, raggiri ed assassinii, ottennero ciò a cui ambivano, ovviamente non corrispondente al bene della comunità. Quando, dopo la morte di Romolo, i cittadini romani andarono a cercare Numa Pompilio per offrirgli il titolo di re, avendolo riconosciuto il più saggio tra gli uomini, questi, prima di accettare, ci pensò su. Saul, quando fu eletto primo re d’Israele, durante una pubblica assemblea, andò a nascondersi dietro un carro. Gesù, secondo il racconto di Giovanni, dopo aver fatto il suo sermone su un monte, “quando capì che venivano a prenderlo per farlo re, prese e se ne andò” (Giovanni, 6, 15). L’uomo saggio, animato dalla volontà di fare il bene della propria comunità, sa che la contropartita per ottenere il benessere del suo prossimo è uno sforzo. Perciò può accettare il ruolo di primo cittadino solo chi lo intenda come una missione. Ma non mi si fraintenda, non si confonda costui con un martire di cristiana memoria. Tutt’altro! Mai come in questi momenti nefasti, la nostra città avrebbe bisogno di una personalità forte, decisa, competente, che non sia asservita ad alcuno o sottoposta a ricatti politici regressi. Il sistema rende difficile tale ricerca ma non impossibile.
Al problema dell’auto-referenzialità avrebbe potuto sopperire quella iniziativa che aveva preso Lei, evidenziando grande acume politico, a proposito della segnalazione del sindaco da votare. Forse quella iniziativa aveva il difetto, che potrebbe essere corretto, di non fare una presentazione del candidato. Un altro errore potrebbe essere quello di fare riferimento ad un solo uomo, poiché il candidato sindaco dovrebbe essere solo un primus inter pares all’interno di una squadra di uomini competenti e accomunati da un unico ideale, capaci davvero di affermare un nuovo corso della politica. Fino a questo momento la politica adranita ha invece assistito ad uno pseudo gioco di squadra. Mi chiedo per esempio chi siano stati gli assessori alla cultura o quelli al turismo degli ultimi decenni. Questi due assessorati, da soli, potrebbero già di per sé cambiare il volto e le sorti di una città, al punto da capovolgere il significato attribuito faziosamente alla frase “la cultura non si mangia”. Infatti l’assessore alla cultura di Adrano potrebbe avvalersi della consapevolezza delle comuni origini con la Grecia (Corinto è patria di Timoleonte ), con la Germania (la regione di Hessen condivide con Inessa/Adrano comuni origini), con la Svezia (i Sikani provenivano dalla Skania, una regione geografica della Svezia) per avviare un turismo culturale, una sorta di gemellaggio con le nazioni nominate, a motivo delle comuni o, se si vuole, presunte tali, antiche origini. L’assessorato alla cultura, avocando a sé anche quello del turismo o lavorando di concerto con esso, creerebbe dunque le basi per il progresso economico e la crescita civile della città. La giunta tutta dovrebbe poi legiferare in modo tale da incoraggiare le attività di ricezione turistica, dando la possibilità, semplificando le note e notevoli pastoie burocratiche che inibiscono la nascita di ogni attività commerciale, l’apertura di bed & breakfast, ristoranti, attività finalizzate all’affitto di biciclette a scopi turistici. La politica assolverebbe così al suo compito, che non è quello di dare posti di lavoro, non essendo un imprenditore, ma permettere che l’occupazione venga realizzata attraverso idee, intuizioni, coraggio e investimenti dei cittadini.
La politica deve creare fiducia, deve realizzare regole per un civile vivere, garantire servizi, intraprendere iniziative diplomatiche che possano tradursi in beneficio per i nostri cittadini imprenditori intenzionati a relazionarsi con paesi vicini. Non facciamo Spot politici poiché sono ricette, queste, scontate quanto quelle di garantire la viabilità cittadina o la pulizia delle strade o vigilare perché non continui la devastazione del territorio. Tutti potrebbero attuare tali programmi; anzi, dovrebbero. Perciò tutta la differenza sta in chi propone tali “ricette” e nella sua capacità di realizzarle. Davide aveva al suo seguito trenta eroi che gli guadagnarono il regno d’Israele. La Gherusia, il consiglio degli spartani, era formato dal medesimo numero; se credessimo nella cabala, potremmo auspicare la formazione di una lista politica formata dal medesimo numero di cittadini\patrioti adraniti, non asserviti, con l’unico scopo di rifondare una città preda, allo stato attuale, di taluni individui impresentabili.
Se al tempo di Pirro fu possibile che un suo generale, recatosi al Senato romano per esporre le condizioni del re, nel riferire a Pirro il risultato di quell’incontro gli disse “credevo di recarmi in un conclave di pastori e mi sono ritrovato in un consesso di dèi”, tanto era carismatica la stessa presenza di quegli uomini assisi nei loro scranni da senatori, noi, assistendo ad un consiglio comunale adranita, non possiamo che provare vergogna. Ma l’amore per la propria città, per essere visibile e tangibile, non passa necessariamente attraverso gesti eclatanti. Per un politico dovrebbe tradursi in gesti quotidiani e che stimolino all’esempio. Raramente, a voler essere generosi, ho visto componenti dell’amministrazione passeggiare con la propria famiglia per le vie della città; eppure ciò rappresenterebbe un esempio dell’attaccamento al proprio territorio. La città, attraverso la frequentazione delle famiglie, ritornerebbe ad essere il salotto che un tempo fu. Abbiamo grandi piazze, ampie strade, enormi parchi che i paesi limitrofi ci invidiano; eppure, proprio chi dovrebbe dare l’esempio, li disdegna. La città langue, non perché non ci siano soldi, frase che è diventata ormai un ritornello, ma perché non ci sono idee e, soprattutto, ribadiamolo, “patrioti”.
Vadano pure i nostri figli a riempire le sale dei pub dei paesi vicini e lasciamo le nostre piazze agli stranieri, futuri adraniti; noi non siamo degni di abitarle, poiché abbiamo rinnegato i nostri padri, gettando ai porci il patrimonio che ci hanno lasciato. …”