A rischio c’erano, oltre allo stesso Calaciura, il manager dell’Asp di Messina, Salvatore Giuffrida, di Agrigento, Salvatore Oliveri e di Siracusa, Franco Maniscalco.
Il governatore Lombardo aveva frenato sulla vicenda: “decideremo nel giro di una settimana, dopo avere fatto le nostre valutazioni rispetto alle relazioni sulle controdeduzioni consegnate dai manager. E’ gente valida, che é partita affrontando deficit di centinaia di milioni (prodotta da ex manager che tutt’ora militano nello stesso Mpa, ndr) ma se anche li porta a meno cinque, dovrà comunque risponderne”.
Dopo giorni di pressione, con il peso sulle spalle di spinose vicende come quelle del Presidio Ospedaliero di Bronte (da mesi senza turni di reperibilità per la cardiologia, con medici che rifiutano sistematicamente l’incarico) e dell’affidamento (senza gara d’appalto!) del servizio di informatizzazione del Pta di Giarre al marito della senatrice Finocchiaro (poi revocato), Calaciura ha presentato le dimissioni. Insieme a lui il manager dell’Asp di Messina, Giuffrida.
Di fatto i due sono stati dimissionati. Pesavano infatti come macigni le parole odierne dell’assessore Russo: “Le missive per i manager sono pronte per partire, è ormai questione di ore, al massimo partiranno domattina”.
Il Presidente della Regione Raffaele Lombardo, nonostante l’ennesimo tentativo di difenderne l’operato, ha dovuto ammettere come la “legge preveda la sostituzione” dei manager. A questo punto pare certo che salterà anche Salvatore Oliveri, l’unico che non presenterà le dimissioni. Secondo indiscrezioni dovrebbe invece resistere al proprio posto Maniscalco dell’Asp di Siracusa.
“Ricevute le dimissioni dai manager di Messina e di Catania, provvederemo a commissariare le tre aziende e a rimuovere chi non si è dimesso”. Queste le parole di Lombardo.
AGGIORNAMENTO (07.09.2011) – Nelle ultime ore, che hanno preceduto le dimissioni, sono emersi dei particolari degni di nota (livesicilia.it). Abbiamo detto di Giuffrida e Calaciura, rispettivamente a capo delle Asp di Messina e Catania, che hanno scelto la via delle dimissioni piuttosto che aspettare il licenziamento da parte dell’assessorato regionale alla Salute.
Perché? La normativa vigente in materia di funzione pubblica prevede, in caso di licenziamento da parte della Regione, l’impossibilità di ricoprire incarichi pubblici per i due anni successivi. Fatto sta che le lettere di dimissioni, che questa mattina erano già in assessorato a Palermo – come confermano da piazza Ottavio Ziino – consentono ai due ormai ex manager delle Asp di non cadere nel cavillo giudico che li ‘congelerebbe’ dagli incarichi pubblici per i prossimi due anni. Insomma, Giuffrida e Calaciura, due uomini cari a Lombardo e a Massimo Russo, potenzialmente già domani potrebbero essere nominati da qualche altra parte alla Regione.
Il punto è che nel comma di legge che ‘condanna’ i manager inadempienti non figurano nemmeno le parole ‘licenziamento’ o ‘dimissioni’. Quello che sancisce, invece, la riforma sanitaria è che i manager che non hanno rispettato il piano di rientro, decadono automaticamente.
“Perché – si chiede allora Renato Costa, segretario regionale della Cgil Medici – Massimo Russo ha invitato i manager alle dimissioni, piuttosto che applicare direttamente una norma di legge, peraltro scritta proprio da lui?”.
Mentre il dubbio di Costa resta sospeso nell’aria, Massimo Russo, che ha firmato il provvedimento con cui propone a Lombardo la decadenza immediata del dirigente generale dell’Asp di Agrigento, Salvatore Olivieri, prende atto delle dimissioni presentate da Calaciura e Giuffrida.
Ad Agrigento il risultato atteso era l’equilibrio del bilancio. Il consuntivo, invece, espone una perdita, al netto di quanto emerso nel contraddittorio, di circa 7 milioni di euro.
Il consuntivo dell’Asp di Catania espone uno squilibrio di 18,4 milioni di euro rispetto al concordato. Pur con le attenuanti presentate in sede di contraddittorio dal direttore generale, lo “scostamento” rispetto al concordato sarebbe rimasto comunque negativo per circa 5 milioni di euro. A Messina, inoltre, la differenza rispetto agli obiettivi previsti dal piano di rientro è stata di 18,3 milioni di euro.
Un’appendice, infine, appare in coda al comunicato diffuso da piazza Ottavio Ziino: “Essendo emersa, in sede di istruttoria, un’erronea imputazione dei dati di mobilità per le prestazioni sanitarie dei residenti di Lampedusa e Linosa (erroneamente imputati all’Asp di Agrigento) e del comune di Capizzi (Messina), dal momento che i costi vanno correttamente imputati sulle aziende di Palermo ed Enna, il dipartimento per la pianificazione strategica sta verificando l’impatto di tali effetti sui bilanci delle due aziende e ha già avviato le procedure di contradditorio”. Che anche Palermo ed Enna abbiano imboccato la strada verso il commissariamento?