Un progetto da 60 milioni di euro viene bloccato da una nota del ministero dell’Ambiente. L’area nel quartiere Librino dove dovrebbe sorgere la cittadella della polizia è inquinata dalla presenza di rifiuti. A dimostrarlo diverse rilevazione tecniche realizzate da numerosi enti istituzionali. «I timori che avevamo sono stati confermati. La zona tra viale Nitta e viale Bonaventura è una discarica con carcasse di automobili e materiali da costruzione e demolizione. Lì sotto potrebbero esserci anche tonnellate di amianto». Così il presidente del circolo di quartiere del Partito democratico Bruno Medeot.
L’opera, ferma da anni, dopo l’avvio dei cantieri nel 2004 è stata finanziata con 30 milioni di euro di fondi ministeriali del Cipe solo per il primo lotto (60 milioni in totale considerato anche il secondo). Una struttura che avrebbe rappresentato un presidio di legalità, fortemente voluto dalla questura etnea ma successivamente osteggiata dal sindacato di polizia Siap, in seguito alle rivelazioni giornalistiche e ai primi rilievi che confermavano tracce di inquinamento ambientale. «Abbiamo sostenuto da sempre che il terreno non era adatto alla costruzione – afferma Tommaso Vendemmia, segretario provinciale del sindacato – ci basavamo sui risultati di alcuni studi fatti dalla ditta che doveva realizzare l’opera e oggi i rilievi confermano la contaminazione».
Le analisi effettuate ne l 2013, come è possibile leggere in una nota del ministro Gian Luca Galletti, sono state effettuate dal Servizio dipartimentale igiene dell’Asp di Catania che ha confermato la presenza di rifiuti nell’area e ha provveduto ad allertare la direzione Ecologia e ambiente del Comune di Catania e il comando di polizia municipale. In un secondo momento, viene interpellato il dipartimento regionale per le Attività sanitarie dell’assessorato. L’ente, pur non potendo accertare la tipologia delle sostanze trovate, ha comunicato che «da un primo esame visivo essi appaiono verosimilmente costituiti da carcasse di automobili e materiali di costruzione e demolizione. A occuparsi direttamente della questione, infine, sono stati anche l’Arpa, la procura della repubblica di Catania e l’osservatorio epidemiologico che ha rassicurato: «Nell’area circostante non risultano esserci aumenti di patologie, anche di natura oncologica, da ricollegare con certezza a fenomeni di inquinamento ambientale».
Oltre a rafforzare la presenza dello Stato in un quartiere problematico come Librino, la cittadella, secondo il segretario Siap Vendemmia, avrebbe potuto risolvere almeno in parte i problemi di affitto che la polizia affronta per le strutture nella provincia di Catania. «Oggi spendiamo circa quattro milioni di euro l’anno per i fitti passivi di 24 strutture in tutta la provincia di Catania. Solo la questura etnea ha otto strutture, con 77mila metri quadrati di area. Ad Adrano, per esempio, abbiamo un affitto da 67mila euro all’anno e il 50 per cento del commissariato è inagibile da circa dieci anni per infiltrazioni di acqua piovana». La cittadella sarebbe stata una soluzione, ma oggi bisogna fare i conti con la contaminazione dei luoghi. «I cittadini di Librino – conclude Vendemmia – sono abbandonati ancora una volta al loro destino e la politica locale chiude gli occhi».
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