“Una ventina di cani. Non era un film dell’orrore ma realtà – si legge nella lettera – Vedo morire due randagi, poi anche il mio cane mangia un boccone avvelenato ma riusciamo a salvarla. La quantità di polpette, ossa, salsicce avvelenate è enorme: ne ho raccolto un sacchetto, tra l’altro alla portata di bambini. Il veleno – scrive ancora Esther Messina – è quello usato per i trattamenti degli ortaggi. Per i randagi una morte atroce: dolori lancinanti, crisi epilettiche, schiuma, sangue. Il mio dalmata di 6 anni, Zara, che ogni giorno ci insegna qualcosa sulla fedeltà e dignità, se l’è cavata tra una crisi e l’altra, tra una quantità di medicine. Come avrei spiegato a mia figlia la morte della sua amica? Il mio cane è stato fortunato. E’ stato soccorso. Per i randagi nessuna pietà, solo un angolo buio in fondo alla strada, a schiumare in solitudine”. Una lettera denuncia di una donna che ha salvato il suo cane ma si amareggia per la triste fine degli altri, morti in solitudine. Dopo la strage dei randagi, Esther Messina ha presentato un esposto contro ignoti ai vigili urbani assieme al vicino di casa Sandro Castana. Quest’ultimo ha trovato morti nel garage i suoi due cani che avevano mangiato bocconi avvelenati nel terreno incolto vicino le Mura dionigiane. “Io non ho potuto salvare i miei cani – dice – perché sono rientrato a casa dopo diverse ore. Ma chi ha competenza cosa aspetta ad intervenire per risolvere in maniera civile il problema randagismo ?”. E, aggiungiamo, per scovare chi usa metodi atroci per infierire contro animali indifesi, al cui unica colpa è quella di essere soli?
SALVO SIDOTI sul quotidiano La Sicilia