A distanza di quattro mesi esatti dal giorno del blitz della polizia scaturito dall’operazione “Binario morto“ ad Adrano lo stupore è tutt’altro che superato e l’intera vicenda sembra ancora essere una spina nel fianco con cui è difficile convivere. L’indagine condotta dalla DDA etnea, guidata da Giovanni Salvi, com’è noto, ha portato il 29 aprile scorso all’arresto di 27 persone dedite al traffico di sostanze illecite nell’area dell’ex stazione ferroviaria di Adrano. Secondo gli atti dell’inchiesta, all’organizzazione criminale apparterebbero uomini affiliati alla cosca dei Santangelo e tra i 19 indagati ancora in carcere spicca il nome di Nicola Mancuso, quest’ultimo già noto al pubblico perché presumibilmente legato all’assassinio della giovane biancavillese Valentina Salomone.
Ma la scoperta di attività malavitose così radicate nel territorio ha lasciato la comunità adranita in un stato di vero disagio e turbamento. E tutt’oggi l’argomento non sembra facile da affrontare. “Per quanto io abbia potuto capire – ci confida il signor Alfio (useremo un nome di fantasia) – la vicenda è stata vissuta con sufficiente sgomento, anche se si sa che qui ad Adrano purtroppo, di quella sostanza ne circola molta. E quello (cioè la stazione) è stato sempre un punto per questo genere di attività”.
La stazione dismessa nella quale, come emerso dall’inchiesta, si concentravano tutte le attività di smercio e spaccio di cocaina ed eroina non è del tutto abbandonata e in verità non lo sarebbe mai stata completamente. LiveSiciliaCatania è tornata ad Adrano nel quartiere chiamato appunto “a staziuni”, proprio in quei binari sotto cui i malviventi nascondevano i quantitativi di stupefacenti. Attualmente, l’area al centro dell’indagine ospita nel livello sotterraneo la nuova ferrovia metropolitana, quest’ultima inaugurata pochi anni fa. L’unica cosa effettivamente rimasta in disuso è appunto la linea ferrata. Nel livello superiore, dove si trovano i vecchi binari è presente un bar e al di fuori di esso troviamo anche gente seduta a un tavolo impegnata in una giocata a carte. Lo spiazzale esterno è stato rifatto di recente, e l’intera stazione essendo la linea metro che collega Riposto-Randazzo-Adrano-Paternò-Catania è regolarmente frequentata.
“Prima di sposarmi – continua a raccontare Alfio – ho vissuto oltre trent’anni in quella zona e purtroppo è sempre stata frequentata da facce poco raccomandabili, non è tra le migliori di Adrano. Ormai, determinate situazioni si vivono quasi con indifferenza. Ma sinceramente – prosegue – credo che nessuno si rendesse conto di cosa realmente accadeva in quella stazione o almeno non a quei livelli”. L’area antistante la vecchia stazione è coperta da un fabbricato, mentre nel retro non vi abiterebbe quasi nessuno. “E’ quasi impensabile – dice ancora – che qualcuno potesse nascondere sotto quei binari della droga. Eppure, lo hanno fatto e c’è chi sapeva dove andarla a prendere. Solo chi ha gli occhi di frequente puntati su quella stazione poteva accorgersi di una situazione simile. E comunque è difficile che gente del vicinato parli circa la vicenda. Ma l’importante è che la polizia li abbia scoperti – conclude – e li abbiano presi”.
Ma il signor Alfio non è stato l’unico a raccontarci come ha vissuto la vicenda. Mario (altro nome di fantasia) è un giovane adrianita e ci spiega il suo amaro punto vista. “Purtroppo Adrano – dice – è nota per lo spaccio di droga e attività di delinquenti. Ma più in generale Adrano-Biancavilla-Paternò sono come il triangolo della morte. Ma ringraziando il cielo Adrano è anche piena di tante persone per bene totalmente estranee a questo genere di cose”.
– Erika Intrisano