Il prof. Francesco Branchina offre ai nostri lettori un interessante riflessione sul significato e sull’importanza della parola. In un momento concitato, difficile e per molti versi aggressivo, come particolarmente si evidenzia in campagna elettorale, troppo spesso ci si allontana dall’importanza del discorso, della dissuasione, dell’unico mezzo che, nei secoli, ha cambiato più di ogni altra cosa la storia, la politica e i confini territoriali e culturali di ogni Paese.
Un tempo la parola era l’anticamera dell’azione. Era d’uso che il generale, prima della battaglia, cui partecipava in prima linea, arringasse l’esercito. Il generale, attraverso l’uso della parola, scuoteva le latenti virtù, appisolate nello spirito del legionario; utilizzava dunque la parola per “scuotere”, la rendeva azione. Era il tempo in cui la parola produceva azioni ad essa coerenti; non era ancora giunto il tempo della lingua biforcuta.
Sulla parola si reggevano le virtù. La parola era religiosità, era un mantra (il cui significato letterale è riconducibile a Man/mente e tr/potenza o forza, cioè potenza della mente) che, pronunciato, sanciva la creazione di un pensiero, senza alcuna possibilità dunque che la parola potesse sviare da ciò che il pensiero dettava, pena l’impossibilità per lo stesso di materializzarsi. In tale accezione Gesù pronunciò perentoriamente il monito: “Sia, sì sì, no no, il vostro parlare” mentre Zarathustra chiedeva al suo dio Ahura Mazda quale fosse la pena che spettava al mancatore di parola. Di Ciro Senofonte diceva che, una volta venuto in accordo col re, mai sarebbe stato lui per primo a venir meno alla parola data. Tale modo comportamentale arrivò immutato fino alla generazione precedente alla nostra, quando i notai non si erano ancora così arricchiti poiché i nostri padri concludevano i loro affari in piazza (l’Agorà) con una semplice stretta di mano a sancire quanto l’uno aveva promesso all’altro. Ed in ultimo, a testimonianza della potenza della parola quale atto creativo, citeremo il Vangelo di Giovanni che inizia dicendo: “In principio era il verbo” e poi ancora, la Genesi laddove si dice: “sia la luce e la luce fu”.
Tutte le lingue del mondo hanno associato al significato di “parola data” un rapporto col sacro. In tedesco parlare si dice sprechen; versprechen, che nel tedesco moderno significa giurare, nell’antica lingua indicava un “parlare sacro”, un parlare che chiamava a testimone gli dèi che, meglio del notaio, avrebbero punito chi non avesse ottemperato a quanto sancito; era quello un tempo in cui vi era timor di Dio.
Oggi noi possiamo invitare questa generazione a fare della parola un esercizio dello spirito. Essa è per lo spirito quello che il muscolo è per il corpo. Nel comportamento auto-indulgente della società moderna si tende a far passare la doppiezza o i sofismi per destrezza del parlare. Falso! La destrezza del parlare non prescinde dalla verità nel parlare, la destrezza nella dialettica consiste nella capacità di saper ricercare ed utilizzare al meglio le parole che servano da supporto alla esplicitazione della verità.
Noi esprimiamo la nostra commiserazione per colui che mente sapendo di mentire, egli è già un atleta azzoppato poiché dovrà portare un grave fardello. Infatti non c’è bisogno di andare a ricercare e sfogliare corposi volumi di filosofia per arrivare alle conclusioni cui erano arrivati i nostri contadini, portatori di una innata saggezza popolare; essi dicevano che il bugiardo è costretto ad avere una buona memoria per potere ripetere sempre la stessa falsità ed evitare di cadere in contraddizione. Consapevoli della difficoltà che deriva da un cambiamento di costume, a motivo dei perdurati esempi negativi degli ultimi decenni, auspichiamo tuttavia il ritorno ad un “uso religioso della parola” ricordando, specialmente a quanti “si propongono” per un impegno nella collettività adranita, quel passo biblico che dice: “E’ bene che lo scandalo ci sia ma, guai a colui che è motivo di scandalo, sarebbe stato meglio per lui non essere mai nato, quando arriverà il giorno del giudizio”.
Il metro di misura per l’uomo di valore torni ad essere la parola.