Una commessa da euro 600.000 l’anno, infatti, sarebbe stata inizialmente assegnata ad una delle aziende locali sotto inchiesta. L’appalto venne però revocato dalla Giunta comunale, in seguito alla scoperta che per assicurare gli stessi servizi sarebbero bastati euro 30.000 annui. Subito dopo, Fallica avrebbe presentato l’offerta di una tangente, ma i potenziali destinatari, gli amministratori del Comune di Adrano, l’hanno rifiutata, denunciandolo. “Si tratta di un risparmio di euro 570 mila – ha spiegato il procuratore della Repubblica facente funzione, Michelangelo Patanè – che sono stati sottratti alle ditte precedentemente incaricate grazie alla rescissione dell’appalto e al nuovo contratto stipulato, a condizione enormemente più vantaggiose per l’Amministrazione Comunale.”
Le indagini sono state avviate dopo la denuncia dell’assessore. Nell’inchiesta l’amministrazione comunale è parte lesa.
Durante una perquisizione nell’abitazione di Fallica, Polizia e Guardia di Finanza hanno sequestrato una pistola cal. 7,65 che era di proprietà del padre e non era stata denunciata, e reperti archeologici “antichissimi”. L’inchiesta della Procura di Catania è ancora in corso.
Per Lucio Setola, sostituto procuratore della DDA etnea e coordinatore delle indagini, “denunciando il Fallica, gli amministratori politici del Comune di Adrano hanno rinunciato ad un facile e immediato guadagno che, senza dubbio, avrebbe potuto costituire la base per una trattativa economica ancora più vantaggiosa”. Di Vincenzo Fallica, dipendente comunale prossimo alla pensione, sono ancora al vaglio i rapporti e i contatti. Perciò, gli inquirenti non escludono ulteriori provvedimenti a conclusione delle indagini.
fonti: Enrico Sciuto su CataniaOggi.com / Corriere del Mezzogiorno.it