Due volti nuovi in Consiglio comunale ad Adrano

Giovanni Ricca e Anna Bulla, consiglieri di gruppi diversi, si confrontano sui temi più urgenti

cop articoloSe l’età anagrafica non fosse diventata una qualità politica – molto di rado lo è effettivamente – asseconderemmo il galateo e riveleremmo solo l’età di Giovanni Ricca (31 anni) e non anche quella di Anna Bulla (23 anni), consiglieri comunali l’uno nel gruppo del Nuovo Centrodestra l’altra in quello della Magnifica Gente.
Giovani d’anagrafe, dunque, e speriamo dimostrino di esserlo anche politicamente. Speriamo cioè che ciascuno dei due sia quello che i politologi d’oltremanica definiscono his own man e soprattutto – per restare in tema di anglomania – un outsider.

A dirla tutta, Giovanni Ricca un po’ outsider lo è già, essendo balzato agli onori di cronaca locale per la scelta di rifiutare la retribuzione da consigliere che gli sarebbe spettata.
«La mia intenzione è dare un segnale in risposta a un meccanismo perverso in cui si fa abuso di ogni diritto» puntualizza Ricca quando gli si fa notare che la sua scelta potrebbe apparire grillino-demagogica; se gli si fa altresì notare che un segnale simile ce lo si aspettava dagli eletti di un’altra lista, la cui cifra identitaria è per l’appunto la verve anti-sistemica con venature populiste, allora elude diplomaticamente: «io rispondo per me: l’avevo promesso e ho mantenuto la promessa».

Li accomuna, oltreché come si diceva la giovane età, la facoltà di medicina (Anna Bulla è studentessa, Ricca è specializzando): «medicina è lo studio più umanistico che esista», scriveva Oriana Fallaci, e Ricca ammette che «io non ho una formazione partitica né tantomeno ideologica o post-ideologica: ho sentito l’esigenza di spendermi per la collettività dopo aver conseguito la laurea». 

Bulla, dal canto suo, ci tiene a precisare quanto determinante sia stato il contesto familiare per la sua crescita personale e politica: «sono cresciuta a pane e politica, la mia formazione – personale e politica, per l’appunto – ha avuto principalmente luogo in famiglia: se mi si chiedesse cosa c’è in cima alla mia lista di valori, risponderei senz’altro la famiglia».
Ecco, “famiglia”; inteso più maliziosamente, il termine ci conduce a una riflessione: lei ha preso 709 voti senza poter (ancora) vantare un cursus honorum avviato né un bacino di visibilità ampissimo. Non crede che sia un minimo fondato il sospetto che lei sia l’avatar di suo padre (Giovanni Bulla, ndr)?
«È un sospetto legittimo, che s’è tuttavia involuto nell’accusa che è uso farmi chi non ha altri argomenti; in primo luogo, è ipocrita negare che nell’ambito delle elezioni amministrative i candidati facciano ricorso alla “mobilitazione” dei propri famigliari: in linea di massima non è neppure scorretto, nessuno ti conosce bene come i tuoi parenti più stretti, che sono i primi a darti fiducia e a chiederla in tua vece ai loro conoscenti; secondariamente, non posso essere penalizzata o screditata in quanto figlia di un uomo che ha fatto politica; devo essere semmai giudicata per la qualità e per l’intensità del mio impegno: io rivendico la mia personalità, da parecchi mesi dedico il mio tempo libero a documentarmi, così da poter indirizzare la mia attività verso scelte quanto più coscienti e coerenti possibile».

Bene. Passiamo all’attualità, quella locale s’intende. Come giudicate, da consiglieri, i recentissimi terremoti a cui avete assistito in sede consiliare (dimissioni del vicesindaco Angela Anzalone e bagarre annesse, ndr)?

G. R. «Quanto alle dimissioni del vicesindaco, ritengo assai poco credibile la giustificazione d’ufficio che ha fornito il gruppo Symmachia: a loro dire, la decisione è stata per dare un segnale dirompente contro un sistema dedito alla conservazione e all’immobilismo. Le motivazioni reali, paradossalmente, sono figlie proprio di quel sistema: a Symmachia e Azione Civica sono state negate delle poltrone che, più o meno “legittimamente”, avevano richiesto e che attualmente sono occupate da altri, da lì le dimissioni di Anzalone e Zignale. Personalmente, trovo disdicevole subordinare le emergenze e le urgenze dei cittadini – rifiuti, bollette dell’acqua e via dicendo – a beghe di Giunta: è una logica ostruzionista tipica di una politica che vogliamo superare, oltreché rumorosamente stridente con l’estetica “innovatrice” dei due gruppi.
N
on a caso, sposando questi atteggiamenti, sono andati incontro a contraddizioni ridicole: a suo dire, Anzalone si è dimessa in seguito al presunto “boicottaggio” del progetto «Il mercato del contadino», mentre cavallo di battaglia del consigliere Salvo Coco era la “Consulta Giovanile” – ecco: entrambe le questioni erano fra i sette punti che avremmo dovuto affrontare in Consiglio, ma i consiglieri di Symmachia e Azione Civica hanno abbandonato l’aula per poi non ripresentarsi neppure l’indomani».

A. B. «In linea di massima condivido: anch’io, come ho già specificato nel mio intervento, sono convinta che prima di tutto ci siano gli interessi dei cittadini. In secondo luogo, avevo preconizzato che l’idillio della Giunta durasse poco: tirai un sospiro di sollievo quando, come si suole dire, “hanno mangiato il panettone assieme”, ma non sono riusciti ad arrivare alla colomba. Del resto la “poltronite”, per dirla con il consigliere Sampieri, è una patologia tremenda».

Parole al vetriolo. Sembrate delusi e disillusi: erano queste le aspettative che avevate?

A. B. «Stante che non avrei mai accettato di candidarmi se non mi fossi aspettata un impatto positivo con il Consiglio, oggi sono un po’ amareggiata. Ricordo ancora con emozione la seduta inaugurale, che ho avuto onere e onore di presiedere, e tutt’oggi cerco di mantenere un approccio ottimista, ma è dura».

G. R. «L’idea che m’ero fatto da osservatore esterno è coincisa solo in parte con l’esperienza diretta che sto tutt’oggi vivendo. La prima seduta è stata, ovviamente e anche per me, emozionante. Tuttavia ci si rende subito conto che, al di là della realtà consiliare, c’è un dietro le quinte che è persino più determinante del consiglio stesso».

Ecco: in miniatura locale, si pone il medesimo problema che affligge il parlamento, ovvero-sia quello del retroscena. Ad ogni modo, cerchiamo di esser ottimisti: quali speranze riponete nella Giunta e nel Consiglio?

G. R. «Quest’amministrazione ha delle risposte da dare e delle priorità da affrontare, a prescindere degli schieramenti. Occorre fronteggiare per bene l’annosa questione dei rifiuti, bisogna pensare un piano di rilancio dell’immagine della cittadina nel panorama provinciale. Per tutto questo occorre metter da parte qualunque faziosità e lavorare assieme, costruttivamente. Eludere sistematicamente queste questioni ci condurrebbe non (solo) al fallimento dell’amministrazione, ma persino al decadimento definitivo della comunità».

A. B. «Condivido. Lo stato di torpore in cui versano le istituzioni locali a lungo andare sarà disastroso: basti pensare che, prima delle bagarre di cui abbiamo appena parlato, il consiglio non veniva convocato da circa due mesi».

Quali sono, concretamente, gli apporti che date alla vita amministrativa?

A. B. «Io faccio parte di una sola commissione, la quarta (Igiene e Sanità). Ci occupiamo ormai da troppi mesi del fenomeno del randagismo: io, di mio, non posso che mettere quanto più impegno possibile, assecondando il mio animus animalista. In cantiere ci sono parecchi progetti – fra i quali, il più ambizioso, è quello di destinare l’ex autoparco di Contrada Naviccia a un presidio ospedaliero -: mi auguro che le acque si smuovano e si cominci a fare qualcosa di concreto».

G. R. «Io faccio parte della terza commissione (Cultura e Turismo) e della quarta. Per quel che riguarda la terza, l’attività di questi mesi è stata volta a ultimare e mettere ai voti regolamenti che erano rimasti nei cassetti, determinando una situazione di vera e propria anarchia. Quanto alla quarta, al di là del randagismo – che, ne convengo, è una delle tantissime emergenze longeve – si spera di risolvere le questioni concernenti la sanità locale. Da tanti anni si parla di questo PTA (Presidio Territoriale di Assistenza) che è in realtà un’incompiuta, una promessa non mantenuta da parte del commissario dell’ASP».

In ultimo: a prescindere dall’appartenenza alle commissioni, quali sono i temi che l’amministrazione dovrebbe affrontare con più urgenza?

G. R. «Nulla di nuovo o sconvolgente: ci vorrebbe meritocrazia nella distribuzione degli incarichi, si dovrebbe snellire l’apparato burocratico dell’ente per renderlo più funzionale, migliorare – come già detto – l’offerta sanitaria del territorio (oggi come oggi scadente), e so-prattutto la vivibilità del centro storico; si deve rivedere in toto tutta l’idea del centro storico. Fosse per me, ad esempio, farei della via Roma un’isola pedonale. Il punto è che non ci si attiva neppure per le iniziative che richiedono più impegno che costi, come convertire in pista ciclabile la linea dismessa della FCE».

A. B. «Neanche io vorrei essere ripetitiva, e aggiungo al condivisibile elenco di Giovanni la questione dei rifiuti. Adrano vanta un triste primato: quello di essere l’unica cittadina della provincia a non aver approvato provvedimenti risolutivi. Non vorrei neanche infierire o fomentare una polemica sterile con Symmachia, però mi è dispiaciuto parecchio vedere che tutti i propositi ecologisti del movimento si siano del tutto assopiti dopo l’insediamento: da quelle parti non si parla più di certe tematiche, piuttosto si parla di astrazioni del tutto inutili per la collettività».

Un po’ utopico, ma l’entusiasmo di entrambi, a prescindere dalle casacche politiche – così come quello di chiunque voglia (sembra quasi un mantra, ormai) “cambiare sul serio le cose” – è da apprezzare.

 
Alex Minissale
Intervista pubblicata sul periodico Bloc Notes di Aprile