Non si è fatta attendere la controreplica del Dott. Liccardo all’intervento dell’associazione di Architetti “Laboratorio Simeto”, che avevamo pubblicato qualche giorno fa (leggi) riscuotendo uno straordinario seguito, specie su facebook, con quasi 200 commenti sull’argomento. E’ nostro dovere di cittadini discutere, civilmente, su un argomento che può cambiare (in meglio o in peggio, ognuno la pensi come vuole) il volto del nostro centro storico. Speriamo di riuscire, con il nostro impegno e con l’aiuto dei tanti lettori, a fare in modo che un numero sempre crescente di concittadini possa farsi un’idea su questa e su altre tematiche, in modo da creare quella “cittadinanza attiva e critica” che dovrà essere alla base della rinascita di una città che, ormai da troppo tempo, è considerata irredimibile.


Spettabile redazione del blog ObBiettivo Adrano,

Vi ringrazio anticipatamente per la possibilità che mi offrite di poter replicare alle ingiuriose accuse di cui sono stato bersaglio, nella lettera di replica dell’Associazione Simeto Lab.
E’ paradossale e persino grottesco sentir parlare del mio intervento, definito pervaso da acredine e toni ingiuriosi in una lettera che comincia con un insulto: “Ad una lettera aperta, preferiamo una mente aperta”. Mi si accusa di pregiudizio culturale e nello stesso momento si dettano le regole per poter faziosamente guidare il “dibattito”.
Il “metodo” usato è quello della demolizione dell’ avversario attraverso l’ingiuria, è sicuramente più facile gettare fango che elaborare pensieri. Queste posizioni certo precludono ogni possibilità di dialogo.
La mia formazione professionale da storico dell’arte, mi permette, sopratutto vista la serietà con cui l’ho affrontata, di esprimere un sereno giudizio.
E vista la tracotanza con cui si sono espressi i miei interlocutori non starò qui a disquisire di arte antica o contemporanea, di rapporto tra moderno e antico di museografia o museologia. Ho ben altri spazi, più prestigiosi, dove far questo, e quindi lascio a loro il posto di esporsi in “performances” da protagonisti nella piazza di Adrano.
Mi rendo conto invece come purtroppo il sedime culturale di Adrano, specie in alcune delle sue espressioni, è stato, è, e spero in futuro non sarà, quello della prevaricazione, della mancanza di onestà intellettuale e sopratutto dell’insulto gratuito.
Plaudo invece alla vostra iniziativa che definisco di libertà intellettuale, di poter far esprimere tutte le opinioni sugli argomenti che riguardano il territorio.

Cordiali Saluti

Massimo Liccardo

PS: allego una risposta alla lettera degli Architetti e un fotomontaggio. Vi chiederei se quest’ultimo possa essere collocato alla fine del mio scritto.

Una progettazione partecipata che non ammette il dissenso, adesso è lampante!!!

Gentilissima redazione del Blog Obbiettivo Adrano,
grazie alla vostra segnalazione, ho potuto prendere atto della risposta alla mia “lettera aperta” di qualche settimana fa da parte degli architetti dell’Associazione Simeto Lab. Leggendone il contenuto, il mio primo impulso sarebbe stata quello di non rispondere, per evitare di abbassarmi al livello degli estensori e ingenerare sterili polemiche cui non presterò più il fianco, pur riservandomi, qualora i toni di questi illustri personaggi rimanessero di tale tenore, di adire alle vie legali.
In un secondo momento, ripensando ad un vecchio proverbio che recita “chi pecora si fa, il lupo se lo mangia”, chiedo di poter replicare “per fatto personale” a tale lettera dai toni minacciosi e in più punti offensiva, che rispecchia il livello umano, oltre a quello professionale, degli autori. Sono convinto che mantenere il silenzio sarebbe stato da parte mia forse più signorile (non ti curar di lor ma guarda e passa). Tuttavia essendo stata tirata in ballo la mia persona, prima ancora delle mie opinioni, che possono essere come quelle di chiunque altro, comprese quelle degli illuminati architetti, discutibili, mi preme in questa sede dare una lezione di stile.
Non ci si può permettere di rispondere con offese personali all’esposizione delle idee altrui, nella mia “segnalazione” tutte le critiche erano rivolte al progetto, non essendomi mai permesso di dare giudizi personali sugli estensori, che neanche conosco personalmente. Forse non funziona così da quelle parti, dove evidentemente una voce fuori dal coro viene investita da una diffamazione e da una gragnuola di improperi che mi fa sorridere anche per la puerilità con cui sono espressi, tramite una serie di insulti che non sto qui a ripetere.
Chiarisco subito che non mi sono sentito minimamente offeso dalle loro parole, che rispedisco al mittente, questa volta pertinentemente (i destinatari della mia prima lettera non erano infatti loro, ma la Soprintendenza di Catania e Italia Nostra in particolare, quali organi di tutela del territorio). Visto lo spessore e le reazioni verbali al mio intervento durante la presentazione del progetto, avrei dovuto aspettarmi che la loro risposta scritta sarebbe stata altrettanto offensiva. Tuttavia non ho bisogno di ribadire che trovo attestati di stima e di approvazione personale e professionale in ben altri ambienti e luoghi geografici.
È sintomatico come il mio dissenso abbia ancora una volta irritato oltremodo coloro che parlano di progettazione partecipata che, adesso è lampante, non ammette il dissenso, né tantomeno che una voce critica nei loro confronti abbia visibilità, mettendo in dubbio stavolta anche la professionalità di chi mi ha dato lo spazio per esprimere liberamente la mia opinione, e cercando invece di guidare o pretendere il dibattito incanalato secondo le loro direttive.
Non voglio rispondere in maniera puntuale ad ogni offesa che mi è stata velenosamente lanciata: sarebbe come attribuire valore alle stesse, che invece mi fanno sorridere, anche se frustrati saranno loro! Ho a che fare giornalmente con studiosi di calibro internazionale, e ci tengo a puntualizzare che la mia non è “aria del continente”, ma una sorta di esilio o meglio emigrazione culturale, laddove è possibile fare seriamente il proprio lavoro, confrontarsi ed esprimere liberamente anche il proprio disaccordo. E soprattutto perchè non ho mai nè cercato, nè approfittato delle “amicizie” che mi spianassero la strada in cambio di voti o quant’altro, che chiarisce il fatto di come “io” non sia in malafede ne tantomeno la mia sia una posizione politicizzata.
Ribadisco in modo categorico di ritenere insufficienti le ricerche affrontate per l’estensione del progetto, che si rifanno ad una bibliografia amatoriale e di stampo non scientifico, ma ottocentesco. Nessuna delibera, relazione storica o relazione tecnica a corredo del progetto possono costituire una bibliografia scientificamente valida.
Per fare un solo esempio, si cita ancora una volta il nome della Contessa Adelasia che non ha nulla a che fare con l’attuale sito del monastero, come è emerso da una prestigiosa e filologicamente corretta pubblicazione della professoressa Lina Scalisi, che con metodo scientifico ha affrontato parte delle ricerche sulla storia del monastero. Di tutto mi si può accusare, tranne che di non conoscere una storia come quella del Monastero su cui conduco da diversi anni uno studio presso la biblioteca del Kunsthistorosches Institut di Firenze, e che forse mi riserverò col tempo di pubblicare. La denominazione storicamente corretta del viale è Santa Lucia: solo durante il fascismo, con spirito patriottico questo è stato mutato in via Roma (nome che tra l’altro non mi dispiace, evocando una città nella quale ho anche vissuto).
Questo era solo uno degli esempi di come la storia venga confusa con una cultura aneddotica, infarcita dalla presenza di personaggi che nulla hanno a che fare con i luoghi di cui si parla. Il monastero fondato dalla contessa Adelasia, o quel che ne resta, è oggi sapientemente occultato, nei pressi della chiesa di Sant’Alfio, da una colata di cemento e asfalto, frutto di quello sfrenato abusivismo di cui, ahimè, Adrano è piena. Mi limito, per non risultare pedante, solo a questa precisazione, ma non voglio che sembri che sia solo una questione di denominazioni.
Riguardo alla vicenda della Pietra Urbica, mi preme sottolineare come, nella lingua italiana, la forma impersonale che avevo adottato nella mia lettera permetta di fare riferimento ad altri soggetti, in questo caso al politico di turno, che si riempiva la bocca col termine cultura, ecc. ecc., chiamando in causa, ribadisco inopportunamente, Vittorio Sgarbi, che è solo sindaco di Salemi e non riveste alcun incarico istituzionale nell’ambito dei Beni Culturali.
Sono consapevole che, toccando interessi economici rilevanti, il mio intervento sia stato interpretato come un bastone tra le ruote, ma credetemi: sono altrettanto consapevole del fatto che ciò che viene deciso nella stanze dei bottoni, e che per questo deve rimanere quanto più celato alla vista di tutti e presentato con termini solo encomiastici, non si fermi di fronte a nessuna segnalazione, seppur lanciata in buona fede e ispirata solamente da un forte spirito civico.Quel che mi interessava difendere era la storia di una strada, di qualcosa che non è sanzionato, né tantomeno codificato, che nessuno difende, ma che è “opera”, frutto della stratificazione storica di una città e che tale progetto, a mio parere, sfigurerà e stravolgerà .
Purtroppo ci si rende sempre meno conto che questo patrimonio immateriale va strenuamente difeso. Ed è proprio con questo animo che io l’ho fatto, con accanimento, rigore e buona volontà e se tutto ciò è legato alla mia giovane età (che un tempo era ritenuta il “mezzo del cammin di nostra vita”), sono contento di mantenere almeno intellettualmente questa giovinezza. Anche stavolta ho cercato civilmente e serenamente di esprimere la mia opinione, non ho fatto alcuna dietrologia, né tantomeno mi sono permesso di insultare. Vorrei almeno che questo mio contributo sia una lezione di buona educazione, visto che non sono riuscito a trasmettere altri pensieri, forse concettualmente più complessi, per alcuni degli interlocutori.
Concludendo, chiederei che invece di mascherarsi dietro la sigla della fantomatica Associazione, gli scriventi avessero almeno il coraggio di apporre una firma con nome e cognome, così come ho fatto io. La mia risposta non saranno offese e ingiurie, ma semplicemente la consapevolezza delle persone con cui si ha a che fare, in tal caso potrei pure non rispondere a squallide provocazioni.

Per sdrammatizzare, vorrei chiudere con un sorriso e presentarvi, così come ho visto si usa fare tra gli architetti, le mie suggestioni, non sulla Via Roma attuale, ma su quello che potrebbe essere una volta completato il progetto di riqualificazione il Waterfront Adelasia (foto a lato).

Buone Vacanze a tutti

Massimo Liccardo
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