FLI SPACCATO. L’apertura di Fini al Berlusconi-bis nasce dall’incertezza di avere i numeri dalla propria parte (malgrado i proclami contrari) nel giorno del giudizio e dal mancato controllo del gruppo in Parlamento, dove sono più che mai distanti i luogotenenti Bocchino e Moffa, che ormai si muovono a distanze siderali.
Qualche dubbio sulla tenuta della nuova formazione l’avrà avuto qualche sera addietro chi aveva assistito all’intervento su TG3 LineaNotte dell’On. Barbareschi, il quale, lamentandosi della mancanza di una linea comune tra i compagni di partito, rimarcava il fatto che un nuovo inciucio non sarebbe stato compreso dopo mesi e mesi di campagna anti-Berlusconi.
E’ però la paura di rimanere tagliato fuori dai giochi, qualora il governo dovesse ottenere (come sembra) la fiducia, a frenare le azioni di Fini. In quel caso Berlusconi, senza neppure salire il Quirinale, aprirà la maggioranza ai centristi di Casini (che ha ricevuto il placet dal Vaticano, come riporta Panorama) per prolungare il mandato.
Dunque, più che il sapore di un’ultima offerta al premier, la disponibilità dei finiani al reincarico denota una debolezza, se non il gusto amaro della resa. Berlusconi lo ha capito e, difatti, continua a respingere qualsiasi invito alle dimissioni per costringere Fini alla conta a Montecitorio.
La partita è decisiva: se, come sembra, il quorum continuerà ad abbassarsi di ora in ora e se i deputati di centrodestra ancora incerti non lo seguiranno, Fini sarebbe bruciato: gli ex-colonnelli di AN non aspettano altro.
È di stamane, ad esempio, il «documento politico» inviato da 16 parlamentari (6 di Futuro e Libertà e 10 del Pdl) a Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, in cui le ‘colombe’ dei due partiti dicono «no» alla sfiducia e chiedono di intavolare un confronto su «tre tavoli di maggioranza» per discutere dei «temi della riforma costituzionale ed elettorale, sulle materie economiche e fiscali e su una nuova possibile articolazione del centrodestra». Segno che il fronte dei finiani non può evidentemente definirsi unito.

LE ULTIME “TRATTATIVE”. Massimo Calearo, Domenico Scilipoti, Giampiero Catone e Paolo Guzzanti hanno congelato il giudizio e tengono in pugno il governo. Dopo gli ultimi cambi di casacca Berlusconi e i suoi nemici sono testa a testa. Se, come sostengono nel Pdl, i quattro incerti diranno sì alla maggioranza, il premier vedrà il sorpasso e, forse, la vittoria: 314 a 313. Ma basta che Paolo Guzzanti tenga fede all’impegno di votare la sfiducia, perché il pronostico si inverta a favore di Fini.
Oltre alle assenze più o meno tattiche, tra i fattori che possono ribaltare la situazione c’è il comportamento dei «futuristi» di Fli. Giulia Bongiorno ha smentito le insinuazioni su una sua presunta «gravidanza politica» che potrebbe tenerla lontana dall’Aula. «Ipotesi farneticante» scrive la presidente della commissione Giustizia. Anche Giulia Cosenza (Fli) rischia di dover disertare l’Aula per complicazioni della gravidanza e Federica Mogherini del Pd può partorire da un giorno all’altro.
Qualche altra sorpresa potrebbe arrivare dai Radicali. «Sulla fiducia decideremo alla fine – ribadisce Pannella -. Noi non cerchiamo favori o quattrini…». Dietro le quinte gli emissari del premier trattano ancora alla ricerca di voti, ma l’esposto di Di Pietro sembra aver raffreddato le trattative. Alcuni deputati del Pd, tirati in ballo per presunte strizzate d’occhio alla concorrenza – Fabio Porta, Costantino Boffa, Tommaso Ginoble, Vittoria Dincecco e Mario Pepe – si sono affrettati a smentire i sospetti, dicendosi «indignati». Nell’Idv Pierfelice Zazzera nega con forza intelligenze col nemico. Ma nell’Udc si parla persino di un video che proverebbe le attenzioni subite da un centrista. Tra i corteggiati Cera, Compagnon, Binetti, Lusetti e Scanderebech, ma anche qui fioccano smentite.

L’AGENDA POLITICA. Il giorno del giudizio si avvicina. Le forze dell’ordine sono mobilitate. E l’amministrazione di Palazzo Madama invia un sms ai senatori in cui li invita a raggiungere il palazzo alle prime luci dell’alba, per tenersi alla larga dai manifestanti.
Il 13 dicembre Silvio Berlusconi interverrà sia alla Camera che al Senato: a Palazzo Madama all’inizio della seduta, a Montecitorio al termine della discussione generale sulle mozioni di sfiducia a suo carico. Poi i parlamentari avranno un giorno di tempo per fare le loro ultime valutazioni in vista della votazione per appello nominale che si terrà il 14 e che si chiuderà in entrambi i rami del Parlamento con voto unico (sulle due mozioni alla Camera e sulla fiducia che sarà posta dall’esecutivo al Senato).
Ecco, in dettaglio, i modi e i tempi:

13 dicembre ore 9:00, Senato della Repubblica, Palazzo Madama – è previsto l’intervento del presidente del Consiglio Berlusconi, seguirà la discussione generale sulle risoluzioni di sostegno che vengono presentate sulle sue dichiarazioni e sulle quali il governo chiederà la fiducia. La discussione si conclude alle 14.

13 dicembre ore 16:00, Camera dei Deputati, Montecitorio – si inizia con l’illustrazione delle mozioni di sfiducia da parte dei gruppi che le hanno presentate (Pd e Fli). Quindi, è prevista la discussione sulle linee generali, che dovrebbe durare fino intorno alle 19-19.30. A quel punto è prevista la replica del governo che dovrebbe essere fatta ancora dal premier.

14 dicembre ore 9:00, Palazzo Madama – la seduta si apre con le dichiarazioni di voto dei vari gruppi (dovrebbero durare circa un’ora). A quel punto, visto che l’Esecutivo dovrebbe aver chiesto la fiducia sul discorso del presidente del Consiglio, scatteranno le votazioni con due «chiame», con i senatori che passano sotto il banco della presidenza e dichiarano la propria scelta. Il tutto dovrebbe durare un’ora circa e l’esito dovrebbe esserci in tempo reale, subito dopo la fine della seconda «chiama» dei senatori: dunque, intorno alle 11.30.

14 dicembre ore 10:30, Montecitorio – si inizia con le dichiarazioni di voto dei vari gruppi sulla sfiducia (con diretta tv) che dovrebbero durare circa un’ora. A quel punto inizia la votazione per appello nominale con due «chiame». Il voto, anche se le mozioni sono due, sarà uno solo. I deputati verranno chiamati ad uno ad uno, passeranno sotto la presidenza dichiarando il proprio voto: sì, no o astensione. Le operazioni di voto si protrarranno per un’ora, un’ora e mezza. Il risultato verrà reso noto subito.

fonti: Corriere.it gds.it
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