Prendo spunto dal commento che l’amico Antonio da Biancavilla ha inviato in risposta al mio ultimo post, “accusandoci” di esserci “politicizzati”, per analizzare la vexata quaestio riguardante il significato e l’importanza che l’aggettivo “apolitico” ha assunto nella nostra società.

Per prima cosa, credo non abbia alcun significato affermare che un’associazione/movimento sia apolitica/o. Sono, è una mia opinione personale, termini antitetici: connotare con l’aggettivo “apolitica” un’associazione è per me quasi un “ossimoro”. Trattando e parlando di temi che interessano la vita sociale e i cittadini, come possiamo dire di essere apolitici? Siamo tutti “politici” o, se preferisci, politicizzati. Sempre. Volente o nolente, in quanto non possiamo e non dovremmo fuggire dalle scelte e dai pensieri che caratterizzano il vivere quotidiano. Nello stesso momento in cui essi prendono forma nella nostra mente diveniamo “politici” perché esprimiamo un parere, prendiamo una posizione, ci schieriamo.
Forse, caro Antonio, volevi riferirti al termine “apartitico”, che significa un’altra cosa. Se così fosse mi troveresti d’accordo: Obbiettivo Adrano è stata e sarà un’associazione apartitica.

Credo poi sia normale provare una certa delusione per le persone che si dichiarano apolitiche. Anche perché, in genere, sono le più pericolose, quelle che, la storia l’ha dimostrato, consegnano una comunità al dittatorello di turno.
Antonio Gramsci a proposito affermava che “l’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza”. Un’altra citazione potrebbe riguardare una splendida canzone di De Andrè e De Gregori, “Le storie di ieri”, che fotografa perfettamente ed impietosamente tale genere di individui quando dice: “mio padre è un ragazzo tranquillo, la mattina legge molti giornali ,è convinto di avere delle idee”.

Affermare di essere apolitici è un comodo escamotage per tirarsi fuori dalla questione, per non assumersi alcuna responsabilità: “Non penso nulla, decidano gli altri”. Tuttavia, non appena il provvedimento o la novità su cui non avevano avuto o, non avevano espresso, la propria opinione, si dimostra inappropriata o non funzionale, sono i primi a ergersi al ruolo di fustigatori, a lamentarsi, utilizzando spesso chiacchiere e toni da ”bettola”.
Gente che non pensa o, peggio, che non vuole pensare, perché lo ritiene inutile, troppo difficile o una perdita di tempo. Sono costoro il cancro metastatico della democrazia perché decidono delle nostre vite dal basso del loro “nullismo umano”.

Su questa base si capisce come il risultato di ogni elezione non dipenda da coloro che votano da anni lo stesso partito. Ad essere determinanti sono sempre e solo gli indecisi, coloro che spesso si definiscono apolitici, quel 20-30 % di “larve” distribuite eterogeneamente tra anziani, giovani per cui l’unica ragione di vita è rappresentata dallo “sballo del sabato sera”, casalinghe annoiate e piccoli borghesi d’ogni sorta. Volete un ritratto di questi individui? Non pensano, non leggono, accendono la TV solo per guardare Buona Domenica e/o UominiEDonne, pensano che “destra e sinistra non esistono più”, ripetendo il “mantra” che hanno sentito dal vicino o al baretto sotto casa, senza pensare minimamente a quello che dicono, senza riuscire ad esprimere o, peggio, ad avere una propria opinione su qualsiasi cosa… Poi, all’ultimo momento, a poche ore dal voto, dopo aver ripetuto per mesi che non sarebbero andati a votare perché stufi della politica mangiasoldi, trascinati da quello che definisco l’”effetto pecoroni”, salgono sul carro che ritengono “vincitore” e vanno a votarlo, magari sull’onda emotiva o sulla scarica adrenalinica scatenata da affermazioni demenziali e tardive come “Abolirò l’ICI. Avete capito bene! Abolirò l’ICI”, o peggio adeguandosi al voto del vicino, del collega di lavoro o dell’amico di bisboccia.
Sono loro che decidono: non cittadini, ma consumatori acritici, gente che consuma e basta. Persino il voto per loro non è un momento di civiltà ma di “consumo”, come si consuma un gelato o l’ultimo giochino della Playstation, e, talvolta anche di noia, perché risulta “noioso” anche mettere una X.
Non c’è zoccolo duro pidiellino o pidiìino che tenga. Sono a loro che puntano i grandi partiti, “moderandosi” sempre di più, spostando la loro ideologia sempre più verso l’inconsistenza del centro (o, in minima parte, verso le istanze inattuali della sinistra estrema).
Un po’ come il famoso “Uomo Qualunque” di Guglielmo Giannini, spaventato dal PCI ma al contempo memore del fascismo appena sepolto a Piazzale Loreto da una valanga di sputi. Ma questa è un’altra storia…

Giovanni Ricca
—-> http://obbiettivo-adrano.blogspot.com/